Quella paura di Israele per i 2000 velivoli senza pilota di Hezbollah

Quella paura di Israele per i 2000 velivoli senza pilota di Hezbollah

Stamani il portavoce delle forze armate israeliane Daniel Hagari ha rivendicato l’uccisione di Ali Hussein Barji, il comandante dell’unità droni di Hezbollah, saltato in aria ieri nella sua auto nel sud del Libano, poco prima che cominciasse il funerale del comandante della forza Radwan, Wissam Hassan al-Tawil.

I timori di Israele legati ai droni

La vicenda ha portato a galla uno degli spauracchi di nuova generazione per lo stato ebraico: quello dei velivoli senza pilota. Secondo l’Idf Borghei ha condotto numerose attività operative e di intelligence contro Israele, inclusa l’infiltrazione del drone caduto martedì nella base di comando settentrionale delle forze israeliane.

Se, dunque, per decenni, la superiorità di Israele è stata anche aerea, per via dei suoi sistemi sofisticati unici nella regione, i droni hanno compiuto una vera rivoluzione copernicana. Giunti in possesso ad attori non statali, come Hamas ed Hezbollah, permettono di essere utilizzati per missioni di ricognizione, attacchi di precisione o di tipo kamikaze. Questo rende le postazioni ad alta concentrazione di forze stazionarie estremamente vulnerabili alla potenza dei droni. Accanto a questo, tuttavia, non va dimenticato che Israele non è passivo rispetto a questa evoluzione: così come i sistemi a base di droni sono andati evolvendosi nel corso degli anni, la stessa evoluzione ha riguardato i sistemi di difesa da questo tipo di attacchi.

L’Iran dietro la “rivoluzione dei droni” di Hezbollah

Come per l’accresciuta potenza di fuoco da parte di Hamas, dietro il decollo tecnologico e militare di Hezbollah vi sarebbe l’Iran, che rifornirebbe con droni di nuova generazione i suoi proxy. Secondo gli esperti, le milizie sciite sarebbero in possesso di circa duemila esemplari, un grande balzo in avanti se si pensa che in occasione dell’ultima guerra in Libano disponevano di appena una cinquantina di velivoli di questo tipo. Una capacità militare che metterebbe nell’ombra perfino Hamas, attore principale nello scenario israeliano.

Un aspetto che potrebbe ribaltare gli equilibri del conflitto: nelle prime quattro settimane di guerra si è assitito sul campo all’utilizzo di un quadricottero (da parte di Hamas) per minare installazioni di sorveglianza e comunicazione israeliane; Tel Aviv, dal canto suo avrebbe utilizzato UAV molto più avanzati e costosi. Ciò che preoccupa ora, a proposito di Hezbollah, è la magnitudine del suo arsenale, che potrebbe sopraffare la difesa israeliana. Oltre a munizioni, razzi, artiglieria e missili, Hezbollah recentemente ha sfoggiato i propri droni in parate militari pubbliche: in particolare, il Mirsad-1 (portata 124 miglia) e l’Ayoub (autonomia di oltre 1000 miglia). La sponsorizzazione di Teheran, inoltre, garantirebbe loro l’accesso ai velivoli senza pilota come i Karrar, Mohajer e Sammad.

La guerra dei droni sponsorizzata dall’Iran

Per l’Iran, patron di questa galassia di milizie, il fatto che i droni siano relativamente economici ma con un potenziale dannoso elevato, fa da contraltare a sistemi per intercettarli estremamente costosi e sofisticati, il che costituisce un enorme vataggio per Teheran e il suo “esercito UAV” mendiante il quale ambisce a bersagliare l’intero Medio Oriente attraverso i suoi accoliti in Yemen, Iraq, Siria e Libano. Teheran non solo si impegna da anni a diversificare la propria flotta, ma applicherebbe anche studi di reverse engineering agli UAV americani finiti nelle proprie mani.

Ognuno di questi gruppi di proxy possiede differenti tipi di velivoli UAV, ai quali sono poi state applicate ulteriori migliorie. Se gli Houthi, ad esempio, utilizzano i droni prevalentemente per missioni di ricognizione e terroristiche, i droni in dotazione ad Hezbollah sono soprattutto legati allo spionaggio e possono essere modificati per essere armati in loco. Dal 2006 il gruppo avrebbe apportato una serie di migliorie ai propri UAV, come testimoniò l’attacco del 2022 in cui i proxy iraniani lanciarono 3 UAV disarmati per spiare la piattaforma di gas israeliana “Karish”.

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