Il terrorismo islamico così non si è mai visto

Il terrorismo islamico così non si è mai visto

L’ora d’oro è una serie thriller-poliziesca scritta da Simon de Waal e diretta da Bobby Boermans. Trasmessa, in Olanda, nel 2022, è stata aggiunta al catalogo Netflix poco prima di Natale. Sono sei episodi di un’ora, e all’apparenza non è stata prevista una seconda serie (ma si potrà sempre aggiungere).

La serie è stata un piccolo caso e non c’è da stupirsene dopo averla vista. L’ora d’oro sono i sessanta minuti durante i quali un commando di terroristi può mettere in ginocchio una capitale europea con attacchi coordinati in zone diverse della città. La cellula può contare sulla lentezza relativa della reazione; sul numero insufficiente di agenti speciali in servizio; sul caos e sulle falle improvvise della catena di comando. Terminata l’ora d’oro, le forze dell’ordine riprendono il controllo. La cellula, a quel punto, può essere già lontana o nascosta in un quartiere dove gode di ampie connivenze.

Stiamo parlando di terrorismo islamico, così come l’abbiamo visto in azione, ad esempio, in Francia nelle stragi del Bataclan, dello stadio e dei caffé per strada. In quel caso, gli assassini riuscirono addirittura a passare il confine e si rifugiarono a Molenbeek, quartiere di Bruxelles a maggioranza musulmana. La tipica città nella città, dove non valgono le leggi nazionali e la giustizia, se così vogliamo chiamarla, è amministrata da corti islamiche.

L’ora d’oro mette in scena un attacco devastante ad Amsterdam. Prima un camion travolge i clienti di un mercatino di Natale, impossibile non pensare a Nizza e Berlino. Poi un massacro in un centro commerciale, e la memoria corre subito al Bataclan. Infine, un terzo colpo da ko. Quello che si deve evitare a ogni costo.

La polemica è stata suscitata dalla crudezza e dalla precisione delle immagini: corrispondono alle foto e ai filmati che abbiamo visto in questi anni. Sono la traduzione in immagini dei nostri incubi.

La parte «inventata» riguarda il protagonista, un ispettore della polizia olandese, immigrato a sette anni dall’Afghanistan, dopo una infanzia funestata dalla guerra e dalla violenza. L’ispettore finisce nella lista sbagliata, quella degli indagati, a causa di un collega invasato e accecato dall’odio. Attenzione: neppure questa scelta fa scivolare L’ora d’oro nella banalità del politicamente corretto. Semplicemente esistono musulmani buoni, cattivi e indecisi così come cristiani buoni, cattivi e indecisi. Nessuna illusione sulla integrazione e sui suoi limiti. Ma neppure una strizzata d’occhio al razzismo, rappresentato per quello che è: il sentimento sostanzialmente irrazionale di una parte minoritaria della popolazione.

Paragonabile per intensità alla sola Fauda, la incredibile serie israeliana che fece conoscere agli spettatori l’esistenza dei famigerati tunnel sotto Gaza e la oppressione della Striscia a opera della stessa Hamas, che non tollera concorrenza politico-militare nelle zone dove spadroneggia. Molti attori e tecnici della serie, quasi tutti, sono in questo momento sul fronte (chi ne ha l’età) o nelle retrovie a occuparsi dei rifornimenti (chi non ha più l’età). Sono morti in due. Insomma, la squadra speciale di Fauda è davvero una squadra speciale, e per questo motivo la serie è così realistica.

Non ci stupiremmo nell’apprendere che L’ora d’oro è costruita sull’esperienza diretta di qualche agente del contro-terrorismo. Una serie davvero spaventosa: un livello simile di tensione in precedenza era stato raggiunto, al cinema, da Erik Poppe con il suo raggelante Utøya 22. juli.

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