La Corea proibisce di mangiare i cani. In cella chi li vende

La Corea proibisce di mangiare i cani. In cella chi li vende

Mangiare carne di cane per noi sarebbe un abominio. In Corea, invece, è una tradizione che affonda nei secoli, e che ha permesso alla popolazione di scampare alla fame durante la durissima occupazione giapponese nella prima parte del Novecento e alla Guerra di Corea. Esistono tremila ristoranti in Corea del Sud che servono il migliore amico dell’uomo (da noi) in ricette come il boshintang e il gaesoju, e circa un milione di esemplari è macellato ogni anno.

I costumi sono però cambiati anche in Corea del Sud: i giovani trovano il consumo alimentare di cani un’abitudine aberrante, il presidente Yoon Suk-yeol è un amante degli animali di compagnia, la pressione dell’opinione pubblica sul governo per metter mano a una legislazione ad hoc si era fatta sempre più forte e perfino la lobby composta da 1.100 allevatori di cani, che per anni ha impedito ogni proibizione, stavolta si è dovuta arrendere (dietro congruo indennizzo). Il parlamento di Seul infatti ha varato una legge a suo modo storica che mette al bando il consumo di cani andando a monte della filiera: chi alleverà, farà abbattere, venderà Fido a fini alimentari incorrerà in una pena detentiva fino a tre anni e in una multa pari a circa 20mila euro.

In quasi tutto il Paese si applaude alla norma anti «hot dog», in testa le associazioni animaliste, che vedono coronato un percorso durato decenni, fatto di campagne stampa e gruppi di pressione che avevano già ridotto drasticamente i consumo di questo cibo abominevole. «Non ci sarà più alcun motivo per trattarci come un Paese mangiatore di cani», dice Thae Yong-ho, deputato del partito di maggioranza, all’origine del testo. «Sono lieta che la Corea del Sud possa chiudere questo miserabile capitolo della nostra storia», commenta Jung Ah-chae, direttrice esecutiva dell’organizzazione Humane Society International/Korea.

Molti sono nel mondo gli animali il cui consumo è controverso, per tradizione e cultura. Senza mettere in campo le prescrizioni religiose, va segnalato il tabù tutto statunitense per il consumo di carne di cavallo, che da noi invece è accettato e quello di molti Paesi per il foie gras, criticato per il modo crudele in cui le oche sono nutrite: qui però vige la doppia morale,perché in quasi tutti i Paesi europei (compresa l’Italia) è vietata la produzione ma non la vendita. Poi c’è il caso dell’haggis, il piatto nazionale scozzese, interiora di pecora insaccate in un budello. Un piatto decisamente hardcore che gli Usa vietano di importare con grande scorno della folta comunità scozzese. Da noi sono vietati il pesce palla, per la sua elevata tossicità, alcuni piccoli uccelli da cacciagione (come l’allodola e il fringuello) e il sardo caso marzu, tradizionalmente ottenuto dalla fermetazione delle larve delle mosche del formaggio.

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