Professor Cassese, la Corte dei Conti è finita ancora nel mirino. Fdi ha presentato una proposta di legge per riformare le funzioni di controllo e consultive e la responsabilità per danno erariale. Cosa ne pensa?
«La proposta che conosciamo nella sintesi diffusa ai giornali, perché non è stata ancora stampata va nella direzione giusta, ma in modo parziale e debole. Prevederebbe una proroga a giugno della limitazione della responsabilità erariale per attività Pnrr a casi di dolo e l’esclusione della responsabilità per atti sottoposti a controllo preventivo con esito positivo. La prima misura è contingente e riduce la responsabilità solo per un settore di attività. La seconda misura incide poco perché spesso la responsabilità non viene contestata relativamente ad atti, ma a condotte: si applica solo all’attività amministrativa tradizionale che si svolge per atti».
La sinistra è insorta, come se la Corte dei Conti fosse qualcosa di intoccabile. Ma è davvero così?
«La corte è soggetta alla Costituzione e alla legge, e la legge può, anzi deve determinarne i compiti».
Che idea si è fatto del caso Degni?
«Ha commesso due errori gravi. Innanzitutto, come magistrato ha un obbligo di riservatezza e non può fare dichiarazioni pubbliche, parteggiando per una forza politica o per un’altra. In secondo luogo, come magistrato contabile, dovrebbe auspicare una sollecita approvazione parlamentare del bilancio di previsione, non l’esercizio provvisorio, che può produrre gravi danni allo Stato. Non si tratta solo di dichiarazioni inopportune, ma di esternazioni illegali, che violano l’obbligo di imparzialità e riservatezza».
Il magistrato verrà giudicato da Tommaso Miele, toga finita nella bufera per aver in passato insultato Renzi ed essersi professato fan grillino. Cosa ne pensa?
«Penso quello che ho detto prima: se si appartiene ad un corpo dello Stato, e in particolare a un corpo con lo statuto di magistratura, si ha l’obbligo di essere imparziali, e quindi di non parteggiare per l’una o l’altra forza politica, e rispettare l’obbligo di riservatezza».
Crede ancora che molti uffici della Corte dei Conti scimmiottino le procure penali?
«Non si tratta di credere o non credere. Basta leggere gli atti e confrontarli con quelli delle procure penali».
In passato lei ha evidenziato come, chiedendo al governo un tavolo di confronto, la Corte dei Conti si comportasse come un sindacato. Siamo di fronte a un’altra casta?
«Se fosse una casta, ci sarebbe persino da essere soddisfatti. Purtroppo è soltanto un sindacato e come un sindacato si comporta, chiedendo al governo di aprire tavoli negoziali e dimenticando di essere uno dei corpi principali dello Stato; comportandosi quindi come una sorta di corporazione all’interno dello Stato».
Quando il governo Meloni cercò di limitare i controlli della Corte lei lo definì sacrosanto. Cosa c’è che non va nei controlli fatti dai magistrati contabili?
«La Corte dei Conti, così come l’Autorità nazionale anticorruzione, ritiene che siano controlli i riscontri di tipo preventivo o concomitante. Questi sono invece una forma di cogestione: possono servire per soddisfare esigenze di potere di coloro che la svolgono, ma non sono utili come controlli. Il controllo efficace è quello svolto da un soggetto terzo, che non è coinvolto nella decisione, che opera in maniera indipendente ed ex post, che non valuta atto per atto, ma l’azione complessiva e i risultati, che non opera a tappeto ma a campione, andando in profondità e non limitandosi ad esami cartolari».
Quali sono secondo lei le ragioni per cui la Corte dei Conti non funziona e cosa fare per migliorare la sua efficienza ed efficacia?
«La Corte dei Conti fa tante cose che non dovrebbe fare e non fa quella essenziale, che sarebbe il suo compito. Essa infatti, secondo la Costituzione, è l’occhio del Parlamento: riferisce direttamente alle Camere sul risultato del riscontro che svolge sulla gestione del bilancio dello Stato. Tuttavia, la Corte è oggi composta, con pochissime eccezioni, da giuristi, mentre una volta era per metà composta da ragionieri ed altri esperti di bilanci e di conti. Mancando della preparazione di base, svolge un controllo di tipo formale, mentre, se fosse composta di economisti, aziendalisti, esperti di scienza delle finanze, potrebbe svolgere davvero il ruolo di controllore dell’efficienza della spesa pubblica. Infine, in Italia vi sono troppi controlli finalizzati alla responsabilità per (presunti) danni e nessun controllo o verifica sui risultati dell’attività amministrativa, che aiuterebbero anche a capire che cosa funziona e che cosa non funziona e come migliorare in futuro».