Amareggiato per tutto «il fango» che gli è arrivato addosso. Per essersi visto sbattuto sulle pagine dei giornali come «il dirigente corrotto». Ma fiducioso di poter «chiarire» quello che secondo lui è stato «travisato» dall’accusa. Non parla con la stampa, ma alle persone che negli ultimi giorni l’hanno incontrato, Paolo Veneri, ex direttore dell’ufficio Appalti dell’Anas, ha confidato lo stupore e la difficoltà personale del momento. Non si riconosce nel ruolo che gli viene attribuito nelle carte della Procura di Roma. È uno dei tre pubblici ufficiali indagati per corruzione e turbativa d’asta nell’inchiesta che ha portato agli arresti domiciliari Tommaso Verdini, figlio di Denis, indagato, il socio Fabio Pileri, e tre imprenditori che si sarebbero aggiudicati alcuni appalti per i pm pilotati. Secondo i magistrati Veneri, come Luca Cedrone, funzionario della direzione Asset Infrastrutture, e Domenico Petruzzelli, dello stesso ufficio, si sarebbe messo a disposizione del gruppo di Verdini. Anche per lui i pm avevano chiesto i domiciliari, ma il gip ha disposto un’interdittiva di 12 mesi. Comunque una doccia fredda per Veneri, convinto di non aver commesso illeciti. Davanti al gip si è avvalso della facoltà di non rispondere, una scelta di quasi tutti gli indagati «per avere il tempo di leggere gli atti». Per l’accusa dal 2021 gli imprenditori avrebbero pagato consulenze «fittizie» alla società di Tommaso Verdini e di Pileri, la Inver srl, finalizzate ad avere una corsia preferenziale in Anas. E i funzionari avrebbero fornito documentazione riservata sulle gare prima che fosse pubblica, favorendo così gli imprenditori, in cambio di «raccomandazioni». I pm contestano a Veneri che anche «d’intesa con Cedrone» avrebbe consegnato documentazione riservata al gruppo. Lui rivendica non solo di «non aver mai avuto alcun rapporto» con il collega, parte di un’altra direzione, quella tecnica. Ma anche di non aver mai fornito documenti segreti perché i disciplinari di gara arrivano all’ufficio Appalti solo «a ridosso della pubblicazione» dei bandi e non mesi prima, come l’accusa sostiene siano arrivati invece quelli sequestrati agli imprenditori e alla Inver. Nel plico che i pm gli imputano di avere consegnato a Pileri non ci sarebbero stati file riservati ma materiale «pubblico», utile alla attività di consulenza della Inver. Gli incontri «fuori dalle sedi istituzionali» di Anas sarebbero avvenuti perché Verdini e Pileri non avevano ancora «un mandato ufficiale». Con loro le interlocuzioni sono iniziate quando «si sono presentati come consulenti» delle imprese, come diversi ce ne sarebbero stati negli anni in Anas. Delle loro raccomandazioni non avrebbe avuto bisogno, ha spiegato Veneri a chi ha parlato con lui. Dal 2019, da prima di conoscere Verdini jr, è diventato direttore dell’ufficio Appalti. E anche nel caso di una mancata riconferma non avrebbe perso «la retribuzione». Gli stessi intercettati riferiscono che il neo capo del personale di Anas lo avrebbe «elogiato». Perché allora tutti quegli incontri con il gruppo Verdini? Veneri ha parlato di «cortesia». Forse anche davanti a un cognome di peso.