Sul tavolo del procuratore Fusco di Milano ci sono le carte acquisite dalla Guardia di finanza in merito al Pandoro-gate. Tutto è partito dall’operazione concertata da Chiara Ferragni e Balocco per la vendita del pandoro griffato durante il periodo natalizio 2022. Ma l’operazione commerciale è stata legata a una donazione benefica per l’ospedale pediatrico Regina Margherita di Torino, che è stata effettuata ben prima della messa in vendita dei pandori. La comunicazione poco chiara è ora al centro dell’indagine, che potrebbe presto ampliarsi: le uova di Pasqua e la bambola a immagine e somiglianza di Ferragni potrebbero diventare oggetto di inchiesta ma prima il pm vuole tracciare i contorni dell’operazione più grossa e recente, per poi capire se esiste uno schema ripetuto nelle altre.
L’operazione bambola Trudi
Finora si è parlato molto dei pandori e delle uova di Pasqua ma, in effetti, anche il caso delle bambole meriterebbe un approfondimento. L’influencer, in collaborazione con Trudi, qualche anno fa ha realizzato una bambola in tutto e per tutto simile a lei: grandi occhi azzurri, capelli biondi, trucco da Barbie e look da influencer. Anche questo prodotto venne legato a un’operazione benefica, in quanto venne dichiarato che i ricavi della vendita sarebbero dovuti andare all’associazione Stomp Out Bullying, che opera per il contrasto di bullismo, cyberbullismo, razzismo, odio, discriminazioni LGBTQIA+ e omofobia.
Una donazione confermata da una nota della società Tbs crew, riconducibile a Ferragni, con una nota recente a seguito degli ultimi sviluppi. “I ricavi derivanti dalle vendite di tale bambola avvenute tramite l’e-commerce The Blonde Salad, al netto delle commissioni di vendita pagate da TBS al provider esterno che gestiva la piattaforma e-commerce, sono stati donati all’associazione Stomp Out Bullying nel luglio 2019“, scrivono oggi. E nella nota si precisa che “l’impegno a favore di Stomp Out Bullying ha riguardato – come dichiarato nei materiali di comunicazione – esclusivamente le vendite delle bambole fatte sul canale e-commerce diretto e non anche su altri canali gestiti da terzi“.
Cosa non quadra in questa operazione
La prima domanda che sorge spontanea, ma che non ha effettivamente rilievo, è però una: perché Chiara Ferragni, che è sempre così attiva sulle questioni di genere in Italia, ha deciso di destinare i ricavi a un’associazione americana? Stomp Out Bullying, infatti, opera negli Stati Uniti e tutti i suoi progetti sono rivolti a quella parte di pianeta. Non ci sono dati sull’effettivo vendita internazionale del prodotto dallo store dell’influencer ma è presumibile che, considerando il culto italiano per il suo personaggio, la maggior parte delle vendite siano rimaste “in casa”.
Ma c’è un altro dettaglio che salta all’occhio, perché nella nota si specifica che a finire in beneficenza sono stati solamente i ricavi delle vendite effettuate dal sito dell’influencer e non ai canali gestiti da terzi. Sul sito di Ferragni le bambole sono andate sold-out in appena cinque ore: il sito è stato preso d’assalto e le scorte prosciugate, oppure i prodotti messi in vendita erano pochi rispetto a quelli disponibili? Il sito di vendita “diretto” della bambola, quello sul blog storico dell’influencer, infatti, non era l’unico canale sul quale era possibile acquistare il prodotto in collaborazione con Trudi. Diversi siti lo avevano nelle loro disponibilità, senza considerare i retail sul territorio e Amazon dove, per altro, è ancora disponibile.
Trattandosi di una edizione limitata, è peculiare il fatto che a distanza di 4 anni, quasi 5, siano ancora disponibili dei pezzi. È stata fatta una tiratura molto ampia, della quale la maggior parte era destinata a rivendite esterne a quella diretta dell’e-commerce Ferragni, oppure le vendite non sono andate bene? Ma la domanda principale, che in molti si stanno facendo in queste ore, è: i ricavi delle bambole vendute fuori dal sito di vendita diretta Ferragni, che fine hanno fatto? Abbiamo provato a porre qualche domanda sulla bambola direttamente ad Amazon, che risulta essere venditore diretto e spedizioniere del prodotto, che sulla questione mantiene il massimo riserbo. Ci viene comunicato che Amazon non rilascia alcun dato di vendita sui prodotti e nemmeno rilascia commenti in merito.