In questa storia di atrocità perfetta c’è tutto ciò che non dovrebbe esserci: una donna con un intruso rintanato nell’anima, una bambina di sei anni assurdamente indifesa, un uomo, nell’altra stanza, che non si accorge di niente. Passano pochi istanti tra l’inutile «no mamma. No» pronunciato dalla piccola Wendi e il tonfo sull’asfalto. Volano giù in tre: la madre Giulia, la bimba e il cane. È la vicina a sentire il breve trambusto e la supplica impacchettata nel grido terrorizzato, sono gli operai del cantiere a ritrovare i corpi, è la curiosità pubblica a mettersi addosso all’orrore. Il padre, il marito, non avverte nulla, con nessuno dei sensi che ogni uomo ha a disposizione. Come non si è mai reso conto, prima, di cosa avrebbero potuto dire alla moglie le voci nere che aveva in testa da troppo tempo, cosa avrebbero potuto chiederle di fare. Non l’è mai andata a prendere in quella specie di notte in cui viveva e non ha mai capito che forma avessero le sue ossessioni.
Ieri mattina alle sette, invece che preparare la sua bambina per riportarla a scuola dopo le vacanze di Natale Giulia l’ha afferrata e l’ha scaraventata giù dall’impalcatura che abbraccia il palazzo. Si è lanciata con lei ma Giulia è viva e Wendi no. Ci sono tante cose che non sappiamo e non sapremo mai. Protette dietro il lenzuolo sorretto pietosamente da un agente corso sul posto. Ma c’è una cosa che ci sorprendiamo a capire: che nell’orrore c’è qualcosa che è ancora più orrore ed è l’urlo di quella bambina costretta a supplicare sua madre di non ucciderla. «No mamma. No»… trivellerebbe le tempie anche se fosse stato un grido d’aiuto rivolto a chi se l’è fatta crescere dentro.
Ma pensare che era a lei che invece chiedeva pietà, buca il cuore. Giulia ha lasciato scritte parole e accuse confuse, diceva che era per difendere e proteggere sua figlia che aveva scelto di lanciarsi di sotto. Quel tonfo gelido avrebbe dovuto liberarli tutti e tre, nel suo delirio. Ha ammazzato la sua bambina. E il cane di famiglia, se di famiglia si può parlare. Li ha risucchiati nel suo vortice.
Chissà cosa le ha detto poco prima, chissà se l’ha vestita, se ha fatto finto di pettinarla, se le ha scaldato il latte per l’ultima volta. E chissà cosa ha pensato Wendi quando ha capito che sua mamma stava per trascinarla giù con sé, nel cielo grigio che c’era ieri, nel freddo che faceva ieri.
Invece di portarla a scuola, invece di lasciarla viva.