La svolta di Israele: basta compromessi

La svolta di Israele: basta compromessi

Le svolte storiche sono fatte di molte tessere di un mosaico che si compone lentamente, a volte negli anni. Israele dopo il 7 ottobre ha più volte dichiarato che niente sarà come è stato, e il significato è chiaro: i cittadini non dovranno più subire un’aggressione mortale, in cui siano minacciati giorno dopo giorno, e che da questo derivi un condizionamento della politica. È arrivato a Gerusalemme Blinken e ha portato la sua politica di solidarietà ma anche di contenimento di Israele: oggi uno scontro con gli Hezbollah è l’ultima cosa che Biden desidera. Ieri Netanyahu sul confine col Libano ai soldati ripeteva che i profughi sarebbero stati riportati a casa loro, le montagne bombardate, pena un attacco sul Libano simile a quello su Gaza. Sempre ieri Israele ha eliminato Issam al Tawil, molto vicino a Nasrallah, fra le foto ricordo quella con Kassem Soleimani, il generalissimo iraniano dell’asse sciita patron di Hamas. Israele ha già eliminato il 2 gennaio a Beirut Saleh al Arouri, un altro nome importante, sunnita e di Hamas. La sfida non era così diretta e Hezbollah ha risposto con la solita guerra di attrito. Adesso sotto gli occhi di Blinken, che non gradisce, Israele mostra che non sopporterà che Hamas sposti il confine: le città e i kibbutz vuoti come ha detto il ministro della Difesa, Yohav Gallant, sono una vittoria dell’Iran. Israele sta anche spostando con la terza fase le sue pedine nella guerra a Gaza con una strategia che implica maggiore impegno nel Centro Sud, dove Sinwar si nasconde e dove si spera di riuscire anche a progredire nella ricerca dei rapiti: qui ogni passo è difficile, è la questione più dolorosa e politica per uscire dall’ombra nera del 7 ottobre. La resa dei conti è rimandata ancora per un po’: un’unica bandiera, molto difficile, si vede nella scelta di Netanyahu di scegliere il giudice Aharon Barak, 87 anni, sopravvissuto alla Shoah, il suo grande oppositore nella questione giudiziaria, per andare all’Aja a contrattaccare il Tribunale internazionale che da giovedì discuterà l’accusa di genocidio del Sud Africa. Un’accusa del genere sarebbe stata ignorata fino a ieri: tutte le organizzazioni onusiane sono prevenute contro Israele, in genere Israele non si cura delle continue assurde accuse dominate dal doppio standard. Stavolta è diverso: à la guerre comme à la guerre, ovunque, guerra di sopravvivenza.

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