“No mamma, non farlo”. Ma lei si getta e la uccide

Lo stop ai farmaci e quell'ultimo dubbio: "Stavo per ripensarci"

«No, mamma, no». L’ha supplicata fino all’ultimo secondo di vita, disperata, ma non è riuscita a fermarla. Wendi, 6 anni, non si è potuta svincolare dall’abbraccio della madre che si è lanciata dal nono piano di una palazzina di Ravenna tenendola stretta al petto. Lo stesso abbraccio forte in cui mille e più volte aveva cercato protezione, sonno, coccole.

La piccola è morta sul colpo ma evidentemente con il suo corpicino ha fatto da scudo a quello della madre, salva nonostante il violentissimo impatto a terra e nemmeno in pericolo di vita.

La donna, Giulia Lavatura, 41 anni, è ricoverata all’ospedale Bufalini di Cesena in stato di arresto. La Procura di Ravenna ha aperto un fascicolo per omicidio pluriaggravato e uccisione di animali: prima di gettarsi nel vuoto si sarebbe anche legata al polso il guinzaglio della cagnolina, una barboncina di nome Gessy, e l’avrebbe trascinata nella sua follia omicida, uccidendo anche lei.

Il grido della bambina è stato sentito da una vicina di casa ma non dal papà, presente in casa al momento del gesto scellerato, avvenuto di prima mattina. L’uomo racconta di non essersi accorto di nulla ma di aver scoperto della tragedia solo quando è stato avvisato dagli agenti di una volante. I primi ad accorgersi del tonfo e dei corpi a terra sono stati gli operai al lavoro sulle impalcature, montate attorno al condominio per le ristrutturazioni consentite dal superbonus. Proprio su quelle impalcature la donna si sarebbe arrampicata per gettarsi di sotto con la figlia e con il cane.

Giulia, liceo classico e laurea in matematica all’università ECampus alle spalle, era seguita da una decina di anni dal centro di salute mentale. E un certo stato di alterazione si intuisce anche dai post lasciati sui social, una sorta di biglietto di addio in cui denuncia le violenze sessuali subite da suo padre e l’incapacità del marito di difenderla. «Perché ho dovuto farlo? Padre violento e aggressivo. Nessuno me lo tiene lontano. Mi perseguita. Non lo voglio vedere, non voglio frequentarlo. Non mi sembra di chiedere tanto. Niente ordinanza restrittiva, perché non ho video delle brutte violenze domestiche. Inutile questura, ero incinta, nemmeno questo per tutelarmi».

La goccia che sembra aver fatto traboccare il vaso è il Natale: «Il Natale 2023 della mia bimba di 6 anni: sto nonno orripilante, che ci urla contro di continuo, spaventandoci, e la nonna demente, che la tiene al camino a prendere gli spruzzi bollenti in faccia. Non parliamo di come trattano (e hanno trattato a febbraio 2018) la mia barboncina. Vergognatevi», e poi ancora: «Davide mi dispiace, non mi aiuti a tenerlo lontano. Te l’ho chiesto mille volte. Non proteggi la tua famiglia». Le analisi del sangue della donna diranno qualcosa di più sull’ipotesi di abuso di droghe o alterazioni dovute a psicofarmaci. «È inaccettabile che le donne vengano lasciate sole dopo il parto, senza alcuna assistenza – sostiene Antonio Affinita, direttore generale del Moige – Occorre fornire un supporto emotivo, pratico e psicologico alle donne, non solo nei primi mesi che seguono il delicato evento del parto, ma per i primi anni di vita dei loro figli».

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