Blinken vola da Netanyahu. “Meno bombe, più raid mirati”

Blinken vola da Netanyahu. "Meno bombe, più raid mirati"

Meno truppe sul terreno, meno bombardamenti e più raid mirati. Completato «lo smantellamento del commando di Hamas» nel nord di Gaza, l’esercito israeliano annuncia l’inizio di una fase meno intensa della guerra nella Striscia, come da tempo chiedono gli Stati Uniti e ha ribadito ieri il presidente Joe Biden, contestato durante un discorso in South Carolina da manifestanti pro-palestinesi che chiedevano un cessate il fuoco nella Striscia. «Ho lavorato in silenzio con il governo israeliano per far sì che riducano e lascino Gaza in modo significativo», ha detto Biden. Proprio su un freno, e infine su uno stop alla fase militare, ha insistito ancora ieri, nella sua visita in Israele, il segretario di Stato americano Antony Blinken, in tour per la quarta volta in Medio Oriente, con l’obiettivo di evitare un’escalation nella regione e lavorare per gli aiuti umanitari. Reduce dalla visita in giornata negli Emirati Arabi Uniti e in Arabia saudita, seguita agli incontri con i leader di Turchia, Grecia, Giordania e Qatar, Blinken non aveva ancora messo piede in Israele e chiesto «raid mirati» al premier Benjamin Netanyahu, che il fronte libanese si è surriscaldato ancora e di più. «Possiamo replicare la guerra a Gaza a Beirut», è stato l’avvertimento del ministro della Difesa israeliano Gallant agli estremisti filo-iraniani del gruppo Hezbollah e al governo libanese che non dovesse aiutare a fermare i continui attacchi dei miliziani dal sud del Libano verso il confine nord di Israele.

Il monito è arrivato dopo una nuova eliminazione mirata in Libano, a distanza di una settimana dalla precedente, attribuita a Israele e messa a segno contro il numero due di Hamas, Al Arouri, sempre a Beirut il 2 gennaio, e dopo l’eliminazione del capo dei pasdaran iraniani Sayed Moussawi in Siria, il 25 dicembre. Ieri è toccato a Wissam Tawil, vice capo dell’unità d’elite Radwill di Hezbollah, il pesce più grosso del partito sciita libanese ucciso dal 7 ottobre. È morto in un raid israeliano che ha colpito l’auto su cui viaggiava verso il sud del Libano. Un’altra eliminazione eccellente, che si aggiunge all’annuncio di Israele di aver ucciso a Beit Jan, al confine, Hassan Achasha, «responsabile del lancio di razzi dalla Siria».

Ultimo ma non da ultimo lo Stato ebraico avrebbe messo una taglia di 400mila dollari sul capo di Hamas nella Striscia di Gaza, Yahya Sinwar. I militari conoscerebbero la posizione di Sinwar, ma non possono colpirlo perché sarebbe «protetto» dagli ostaggi israeliani. Rapiti che sono ora circa 129 e restano la spina nel fianco del primo ministro Benjamin Netanyahu, sempre più al centro delle contestazioni interne e dei familiari dei sequestrati. Ieri Elad Katzir, 47 anni, portato via dal kibbutz di Nir Oz, è apparso in un video chiedendo a Israele di accettare un accordo per il rilascio dei detenuti palestinesi. Ostaggi come scudi umani, dunque, e come arma di propaganda. Nulla di nuovo. Secondo le Brigate al-Qassam, l’ala militare di Hamas, Israele avrebbe tentato, senza riuscirci, di salvare uno dei rapiti nel campo di Bureij, nella zona centrale della Striscia di Gaza.

Sia la taglia su Sinwar, che le due uccisioni mirate di ieri dimostrano come promesso – che Israele intende procedere in maniera ostinata contro i capi dell’asse della resistenza anti-Israele e che intende farlo in maniera sempre più chirurgica. La nuova fase della guerra a Gaza – che «durerà mesi» ribadiscono i vertici israeliani – non scongiura i rischi di un suo allargamento e il portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale degli Stati Uniti, John Kirby, insiste sul «forte desiderio di non vedere questo conflitto intensificarsi o allargarsi» e preme per la difesa degli sfollati in Libano e in Israele: «Hanno diritto di tornare alle loro case e vorremmo vederlo il prima possibile».

Il governo di Beirut prova a mostrare buona volontà, perché Hezbollah si sposti dal confine, e garantisce di essere pronto ad attuare la risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza Onu. Prevede che le forze del «partito di Dio» non si schierino a sud del fiume Litani, che l’esercito libanese controlli tutto il Libano, fino al confine con Israele, e che Hezbollah venga disarmato. In cambio, Beirut chiede che Israele si ritiri da tutti i territori libanesi e metta fine a tutte le attività terrestri, marittime e aeree che violano il territorio libanese.

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