Prima l’indignazione per i saluti romani (che c’erano sempre stati, anche in passato), poi le insinuazioni infondate sul presunto permissivismo della Digos. E infine il tentativo di utilizzare il biasimevole gesto dei nostalgici per colpire il governo. Per capire il “giochetto” della sinistra sulle commemorazioni di Acca Larentia basta osservare la successione dei fatti: in meno di ventiquattr’ore, i compagni hanno spostato l’attenzione dall’episodio incriminato all’ambito parlamentare per cercare di trascinare la maggioranza nelle sabbie mobili di una polemica strumentale. “Piantedosi chiarisca come sia potuto accadere. E Meloni non ha niente da dire?“, aveva strillato Elly Schlein, pensando forse di mettere in difficoltà il presidente del consiglio e, di rimbalzo, il suo partito
Ma la mossa non è riuscita e il giochino s’è rotto. Nelle stesse ore in cui la sinistra scaldava i motori dell’antifascismo militante, dalla maggioranza arrivavano infatti prese di posizioni inequivocabili contro i nostalgici del fascismo. Sul fronte partitico, in particolare, Fratelli d’Italia ha stroncato le speculazioni con una nota del vicepresidente della Camera Fabio Rampelli. “Noi non facciamo saluti romani, nessuno di noi ne ha fatti, per scelta e non per convenienza, da sempre e non da oggi perché stiamo al governo. Iniziammo a disertare la manifestazione serale che si svolge nel piazzale frontistante l’ex sede del Msi prima ancora che nascesse Alleanza nazionale, la Schlein dovrebbe documentarsi prima di fare altre gaffe, proprio perché già all’epoca avevamo un’altra natura e ben diversi obiettivi“, ha dichiarato l’esponente meloniano, respingendo con fermezza qualsiasi accostamento tra la sua presenza istituzionale alle commemorazioni e il gesto di alcuni nostalgici.
“Fare saluti romani non ci appartiene. Non si tratta di una semplice dichiarazione, che non si nega a nessuno, ma di una decisione tangibile. Tant’è che non abbiamo certo rinunciato al nostro ricordo di Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni, uccisi con ferocia quarantasei anni fa da un commando comunista, ma istituito due momenti alternativi: la mattina del 7 gennaio una rappresentanza ufficiale di Fdi si reca a deporre tre cuscini, il pomeriggio – in perfetta coincidenza – Gioventù nazionale organizza una fiaccolata sul quadrante opposto della città, a Villa Glori, dove vent’anni fa è stato simbolicamente piantato un albero come segno di rinascita“, ha proseguito Rampelli. Il vicepresidente della Camera ha poi replicato alle accuse e alle insinuazioni arrivate dall’area progressista.
“Mi pare che la distanza sia oggettiva, tanto quanto la brutta figura di chi, in assenza di argomenti, ci fa domande retoriche, sempre le stesse, le cui risposte stanno nella natura stessa della comunità che avrebbe fondato FdI. Si chiama genetica. È casomai il Pd a dover spiegare per quale motivo con Monti, Letta, Gentiloni, Draghi le stesse identiche manifestazioni del 7 gennaio non sono state ritenute meritevoli né di interventi e tanto meno di interrogazioni parlamentari“, ha aggiunto, prendendo esplicitamente le distanze dai soggetti coinvolti nelle differenti manifestazioni nostalgiche. Fratelli d’Italia – ha concluso Rampelli – “nulla ha a che fare con il neofascismo e che ha combattuto duramente per costruire una destra conservatrice lontana anni luce dall’estremismo“.
Parole chiare, da tenere bene a mente soprattutto nelle prossime ore, quando la sinistra tornerà a colpire l’esecutivo con accuse tendenziose, utili ad avvelenare il clima e non certo a creare un comune e condiviso fronte contro chi (a destra e a sinistra) si rifugia nel passato e nelle sue ideologie.