Scrive il tabloid tedesco Bild – un giornale tradizionalmente populista, ma che sul tema della guerra ha un impeccabile ruolino filoccidentale – che le cancellerie tedesca e americana starebbe premendo dietro le quinte sui vertici politici dell’Ucraina per spingerli a inghiottire l’amarissimo boccone di una tregua militare per negoziare con l’aggressore russo.
Secondo questi presunti retroscena, il cancelliere Olaf Scholz e il presidente Joe Biden avrebbero delegato «un insider del governo di Berlino» a spiegare al leader ucraino Volodymyr Zelensky che il conflitto non può trascinarsi così indefinitamente e che dovrebbe trarne lui stesso le conclusioni.
Gli argomenti dei due principali (insieme con Gran Bretagna e Francia) Paesi fornitori di armi dell’Ucraina si riassumerebbero sempre secondo Bild in due punti: una crescente «stanchezza della guerra» in Occidente e la difficoltà a mantenere gli impegnativi standard di forniture militari a fronte dell’incapacità di Kiev di riuscire a invertire il corso della guerra a proprio favore.
In realtà, sostiene il tabloid, la strategia tedesco-americana sarebbe più sottile: l’invio di armi continuerebbe quel tanto che basta a impedire la vittoria russa, ma non fino al punto di permettere a Kiev di prevalere. E questo appunto per costringere Zelensky a un compromesso che gli ripugna.
Esistono argomenti pro e contro la veridicità di queste rivelazioni, così come sull’opportunità del loro contenuto. Intanto, però, Berlino si è affrettata a smentirle, mentre risale a pochi giorni fa la visita a Kiev del capo del Pentagono Lloyd Austin il quale – proprio mentre Vladimir Putin recuperava una sia pur virtuale presenza nel consesso del G20 e parlava in toni quasi concilianti della necessità di «trovar modo di por fine alla tragedia della guerra» – ribadiva l’impegno americano a sostenere militarmente l’Ucraina «nel lungo termine». Pure i tedeschi, ieri, hanno ripetuto che «spetta a Kiev determinare gli obiettivi militari e politici della sua difesa dall’aggressione russa».
Va anche ricordato che Scholz si è appena impegnato a ulteriori forniture militari all’Ucraina per 1,3 miliardi di euro in munizioni per artiglieria e sistemi di difesa antiaerea. Inoltre, pochi mesi fa il colosso tedesco Rheinmetall ha siglato con Kiev la prima joint venture per produrre in Ucraina carri armati e blindati. Difficile che simili impegni con forti risvolti anche economici vengano traditi, rimane il fatto che – anche questo si legge su Bild potrebbe esistere anche un piano B occidentale: puntare a congelare il conflitto anche senza negoziare con Mosca.
Anche perché è bene evitare equivoci: per Putin negoziare significa imporre a Zelensky le sue condizioni, in primo luogo l’annessione alla Russia di quel 18 per cento del territorio ucraino che è al momento occupato. Come dimostrerebbero le notizie di fonte ucraina (smentite da Mosca come «fesserie») di un’intesa russo-cinese per costruire un tunnel sottomarino per rimpiazzare il ponte stradale tra la Russia e la Crimea illegalmente annessa.
Il dittatore russo non vuole un compromesso, semmai ha bisogno di una tregua militare per i suoi fini: attendere più vantaggiose condizioni politiche in Occidente (in primis l’auspicata vittoria di Donald Trump tra un anno) e dare respiro alla sua dissanguata armata. I sondaggi in Russia vedono un calo costante del sostegno popolare alla guerra e non vi sono certo estranei resoconti come quello recentissimo di un soldato russo ricoverato a Rostov: «Gli ospedali militari sono stracolmi di nostri feriti e mutilati, per cui ci mandano in quelli civili dove i pazienti ci osservano con orrore».