“Un errore candidarsi”. E il centrodestra riflette

Europee, il pressing di Salvini e Tajani per scongiurare la corsa di Meloni. Il nodo Sardegna

A sei mesi dalle elezioni europee, in attesa di sciogliere il nodo delle singole candidature nei cinque collegi elettorali, il centrodestra deve prima dirimere la questione della discesa in campo o meno dei leader. Il ministro degli Esteri e segretario di Forza Italia Antonio Tajani, in un’intervista a «La Stampa», ha dichiarato: «Non sarebbe la prima volta, Berlusconi l’ha fatto, quando voleva mandare un messaggio politico forte. Se però deve esserci un accordo tra i leader del centrodestra, come chiede Meloni, questo vuol dire che o ci candidiamo tutti o non si candida nessuno». Tajani ha poi aggiunto: «Se si candidano nello stesso momento la premier e i due vicepremier, credo ci sia il rischio che si perdano di vista le priorità del governo. E inoltre: io mi sono candidato cinque volte in Europa, non mi spaventa questo appuntamento elettorale, ma c’è prima il Congresso di Forza Italia da affrontare, e devo farlo con responsabilità». Si tratta, a quanto pare, di un invito a evitare questa evenienza anche perché Giorgia Meloni non ha ancora sciolto le riserve.

Pochi giorni fa, durante la conferenza stampa di fine anno, la premier ha dichiarato: «Non ho ancora deciso sulla candidatura alle Europee. Devo capire se non andrà a togliere troppo tempo al mio lavoro da Presidente del Consiglio e comunque sarà una cosa che decideremo con i colleghi di coalizione». Se da un lato la tentazione di correre come capolista in tutte le circoscrizioni è forte con l’obiettivo di tirare la volata a Fdi, dall’altro Meloni è consapevole delle controindicazioni. Non tanto per gli attacchi dell’opposizione che l’accuserebbe di candidarsi da presidente del Consiglio (dimenticando che Matteo Renzi fece lo stesso nel 2014 con il Pd), quanto per la tenuta della maggioranza. Una discesa in campo della Meloni, in un sistema proporzionale come quello per le europee, avrebbe come conseguenza la polarizzazione del voto rischiando di penalizzare gli alleati di centrodestra. Un risultato elettorale in cui Lega e Forza Italia uscirebbero ridimensionate, potrebbe avere ricadute sulla stabilità del governo, Meloni lo sa e per questo sta valutando con attenzione tutte le ipotesi. Di contro, un risultato superiore al 30% per Fdi le darebbe ancor più forza per trattare in Europa non solo come leader di partito e premier di una delle principali nazioni europee ma anche come presidente dell’Ecr, gruppo europeo i cui voti potrebbero essere determinanti per formare una nuova maggioranza. È probabile che la candidatura dei leader verrà decisa nell’incontro tra Meloni, Salvini e Tajani in cui si discuterà anche il nodo Regionali a partire dal caso Sardegna. C’è però anche un’altra variabile e riguarda le scelte dell’opposizione, in particolare di Elly Schlein e Giuseppe Conte. Se infatti i leader di Pd e Movimento 5 Stelle dovessero scendere in campo, sarebbero favoriti da un passo indietro di Meloni, Salvini e Tajani e in quel caso tutto sarebbe di nuovo in discussione.

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