Treni in ritardo, crescita economica da prefisso telefonico, scioperi e un’inflazione più alta rispetto ai vicini di casa. Senza fare nomi e cognomi e dovendo basare le valutazioni sui soli stereotipi, sarebbe da scommettere che un simile quadro appartenga all’Italia. Invece no. La cartolina arriva dalla Germania, prima economia euoropea e una più che secolare nomea di efficienza. E se è vero che le infrastrutture raccontano molto sullo stato di un Paese, allora il report di Der Spiegel sulle ferrovie tedesche non ha niente di confortante per il governo guidato dal socialista Olaf Scholz: nel 2023 solo il 65% dei treni intercity e ad alta velocità è arrivato a destinazione in orario. Più di uno su tre è in ritardo. Il giornale spiega che il dato è anche peggiore «del disastroso 2022» e si tratta «di un trend negativo che sta continuando». Il tabloid Build riporta, con numeri riferiti a novembre 2023, che solo la metà dei treni regionali e ad alta velocità era arrivato con un ritardo inferiore ai 6 minuti.
Ma che sta succedendo? La Deutsche Bahn, l’azienda ferroviaria tedesca, ha dovuto fare i conti con una serie di guasti e con il maltempo. E, più in generale, con un’infrastruttura che sente i segni del tempo. Il governo federale sta provando a correre ai ripari dopo decenni di scarsi investimenti e lo scorso anno ha annunciato un piano da 45 miliardi per risolvere i problemi, ma i cantieri che si dilungheranno fino al 2030 stanno peggiorando la situazione.
Come se non bastasse da domani la tregua concessa dal sindacato di macchinisti e personale ferroviario finirà e potrebbe iniziare un maxi sciopero a oltranza a causa del mancato accordo su orario di lavoro e aumenti salariali con Deutsche Bahn. E minacciano battaglia anche gli agricoltori tedeschi, i quali protesteranno infuriati per il taglio dei sussidi agricoli.
La coalizione semaforo con verdi, liberali e socialisti – deve poi fare i conti con un’economia che si è persa per strada. Il 2023 molto probabilmente andrà in archivio con una lieve recessione e il 2024 migliorerà di poco, con una crescita prevista dalla Bundesbank appena allo 0,4 per cento. L’inflazione rimarrà ben al di sopra del 2%, più alta rispetto a Francia e Italia, almeno fino al 2026. Qui il nodo più grande rimane quello dell’energia, con un sistema produttivo che in passato poteva giovarsi di forniture a basso costo ma dall’inizio della guerra in Ucraina non è più così. Inoltre, le perfomance economiche meno brillanti della Cina, primo partner della Germania, mortificano gli ordini di fabbrica che sono ai livelli più bassi da metà 2020. Non fosse sufficiente, l’avanzare dell’elettrico, con Byd e Tesla in testa, mette sotto pressione i big dell’automobile tedesca che vede la produzione di veicoli inferiore del 12% rispetto al 2019.
Dall’Italia ci sarebbe da augurarsi che la Germania si riprenda presto, visto che l’economia di Berlino è fortemente connessa con quella di Roma. Una debacle teutonica non potrebbe non rallentare perfino un’Italia che che negli ultimi anni ha ottenuto risultati positivi sul fronte economico, compreso uno spread in raffreddamento a 167 punti base (un anno fa era oltre 200 punti). La Germania ha spalle larghe e capacità di spesa, ma sono lontani i tempi di Angela Merkel. Il governo è in crisi di consensi, con una serie di spinte al suo interno anche contraddittorie: da una parte i verdi si sono imposti per spegnere le ultime centrali nucleari in un periodo di crisi energetica, portando a un paradossale maggiore ricorso al carbone.
Dall’altra il ministro delle Finanze, il liberale Christian Lindner, il falco dell’austerità che ha imposto le clausole più dure del patto di stabilità ha dovuto ingoiare la bocciatura della Corte costituzionale al bilancio tedesco. Difficilmente farà ulteriori sconti a uno Scholz che ha bisogno di spendere per rilanciare l’economia, fare la transizione energetica e investire su un sistema produttivo che deve ripensarsi. Altrimenti il rischio per la Germania è di fare la fine delle sue ferrovie.