“Ecco cosa serve a Biden”: la profezia di Obama contro Trump

"Ecco cosa serve a Biden": la profezia di Obama contro Trump

Lasciata la Casa Bianca nel 2016, l’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama non ha mai smesso di essere eminenza grigia dei progressisti americani: il suo ruolo sarà, infatti, fondamentale, soprattutto ora che è cominciato l’anno “più elettorale della storia”. Più di un anno fa era già intervenuto a gamba tesa nelle elezioni di metà mandato, in occasione di quella che era apparsa come una vera estromissione dalla campagna elettorale di Joe Biden, messo volutamente nell’ombra per non compromettere il risultato delle elezioni americane.

Un aspetto che aveva contribuito a smorzare i toni del “bromance” favoleggiato tra i due: quello tra Obama e Biden, infatti, è un rapporto complesso è non è privo di se e ma. Non va dimenticato che molti uomini dello staff di Biden non apprezzano l’ex presidente, che nel 2016 preferì Hillary Clinton per la corsa alla presidenza. Obama appare dunque ben conscio dei limiti del suo ex vice, ed è fra le più importanti “armi” che i Democratici possiedono per limitare i danni.

Il suggerimento di Obama per le elezioni Usa 2024: comunicazione aggressiva

Ora, a pochissimi mesi da una nuova corsa per Pennesylvania Avenue, Obama sembra essere alle prese con un fortissimo pressing su quello che è stato, a suo tempo, il suo vice sornione. L’ex presidente dem teme, infatti, un possibile ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump e per questo avrebbe suggerito in camera caritatis al presidente in carica, oltre che al suo entourage, di condurre una campagna elettorale più forte, aggressiva e agile. A riportare l’indiscrezione, il Washington Post citando tre fonti ben informate, secondo le quali Obama avrebbe sottolineato la necessità che il team elettorale di Biden prenda decisioni autonome senza attendere l’approvazione della Casa Bianca.

A questo proposito si sarebbe spinto a suggerire alcuni pezzi da novanta che lo avevano supportato in passato: tra questi David Plouffe, che ha gestito la sua corsa alla Casa Bianca nel 2008, esempio di stratega di cui Biden avrebbe bisogno. Il colloquio tra i due esponenti del ticket del 2008 e 2012 sarebbe avvenuto durante un pranzo privato alla Casa Bianca, in occasione del quale Obama si sarebbe focalizzato sulla “buona pratica del 2012” più che su quella del 2008. In quelle elezioni Usa, infatti, alcuni dei suoi principali consiglieri, tra cui David Axelrod e Jim Messina, lasciarono il team della Casa Bianca per farsi carico della campagna elettorale per la sua rielezione. Biden, invece, starebbe erroneamente lasciando le carte mescolate, concedendo ai componenti della sua Camelot presidenziale di condurre, allo stesso tempo, la campagna per le elezioni Usa 2024.

Questo aspetto allungherebbe eccessivamente i tempi di reazione della campagna. Un esempio fra tutti: Julie Chavez Rodriguez, responsabile della campagna elettorale di Biden, opera da Wilmington, città natale del presidente. I principali consiglieri della Casa Bianca, invece, lavorano da Washington, a più di 100 miglia di distanza: questo significa che ogni mossa elettorale viene prima discussa nella capitale, per poi essere recepita dal team elettorale che non avrebbe quella capacità di risposta rapida necessaria ad una situazione in continua evoluzione.

Raccolta fondi e piccole donazioni: la strategia migliore per vincere le elezioni Usa

Secondo le fonti citate dal Post a condizione di anonimato, Biden avrebbe accolto il suggerimento di rivolgersi agli ex collaboratori di Obama. Quest’ultimo, inoltre, avrebbe anche dettato la linea “editoriale” della campagna elettorale: ai collaboratori del presidente americano sarebbe stato chiesto di mantenere un livello di comunicazione decisamente aggressivo. Il vero nemico, infatti, è lo zoccolo duro dell’elettorato di fedelissimi di Trump, oltre ad un impero dei media conservatori nettamente sbilanciato verso il tycoon. Obama non si sarebbe impegnato a sollecitare meri cambiamenti strutturali nella campagna di Biden, ma anche a spingere per la raccolta fondi, di cui fu mattatore nel 2008. Ma ha riscosso successi anche in favore di Biden, che ha aiutato a raccogliere quattro milioni di dollari in piccole donazioni, inclusi 2,6 milioni di dollari attraverso il concorso “Incontra i presidenti“.

Il ritorno dell'”effetto Obama”?

Il ruolo che Obama ha avuto nelle scorse elezioni Usa di metà mandato è stato potentissimo. L’elettorato dem ricorda ancora di quando fece scintille in quel di Las Vegas, intervenuto al fianco di Steve Sisolak, in corsa per la riconferma a governatore del Nevada, e la senatrice Catehrine Cortez Masto, che cercava la conferma del suo seggio. Obama era giunto sul palco accompagnato dal brano degli U2 City of Blinding Lights, galvanizzando la platea. Alcuni giorni prima, a Milwaukee il copione era stato il medesimo: in quelle occasioni era ritornato prepotente il Yes we can, intonato anche da elettori giovanissimi (quella gen Z che ha salvato i dem dalla red wave) che nel 2008 erano ancora troppo giovani per votare.

Nessuno più richiesto di lui negli eventi dem dell’autunno 2022: raccolte fondi, brevi video, comizi. Tanto da far battere in ritirata il presidente Biden, leader dem solo sulla carta. A sostenerlo nell’Amarcord presidenziale, l’inossidabile Bill Clinton, che scese in campo per i deputati Pat Ryan e Sean Patrick Maloney, impegnati in difficili campagne per la rielezione anche a causa della ridefinizione dei distretti elettorali.

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