Nel tentativo di rimpinguare le proprie forze schierate in Ucraina ed evitare una nuova mobilitazione impopolare, Vladimir Putin si è rivolto agli stranieri. Giovedì 4 gennaio il Cremlino ha pubblicato un decreto presidenziale che prevede l’ottenimento della cittadinanza russa con procedure facilitate per coloro che firmano un contratto con l’esercito della durata di un anno o prestano servizio come volontari in “formazioni” impiegate nell’”operazione militare speciale”.
Il documento prevede l’estensione dei benefici anche ai coniugi, ai figli e ai genitori delle reclute. A differenza di coloro che seguono la procedura regolare, gli stranieri che presenteranno domanda dopo essersi uniti all’armata di Mosca non dovranno aver vissuto nel Paese per cinque anni consecutivi con un permesso di soggiorno, non dovranno parlare russo o conoscere la storia e le leggi fondamentali della Federazione. Inoltre, l’esame delle richieste presentate seguendo le disposizioni di questo decreto richiederà solo un mese invece dei soliti tre.
Già nel settembre del 2022 il presidente Putin aveva deciso per una prima accelerazione del processo di ottenimento della cittadinanza per gli stranieri che si erano uniti all’esercito, vista la necessità di inviare ingenti rinforzi al fronte e fermare la controffensiva ucraina che ha portato alla liberazione dell’oblast’ di Kharkiv. Nel maggio scorso il Cremlino ha ulteriormente snellito il processo, eliminando il requisito che imponeva ai soldati non russi di aver preso parte ai combattimenti per almeno sei mesi prima di poter chiedere il passaporto con l’aquila bicefala. Queste misure, però, non sembrano aver riscosso tra i migranti il successo auspicato dalla autorità di Mosca. Come riportato dal New York Times, pare che nei mesi scorsi almeno 3mila lavoratori stranieri siano stati detenuti dalla polizia e che molti di loro siano stati costretti a firmare contratti con l’esercito.
Nei piani di Putin, la decisione di puntare sul reclutamento di stranieri, in particolare tra i milioni di lavoratori uzbeki, tagiki e kirghizi che ogni anno passano il confine con la Federazione, eviterà il ricorso ad un’altra mobilitazione di riservisti in vista delle elezioni di marzo 2024. Diversi sondaggi hanno infatti rilevato che essa sarebbe altamente impopolare e lo zar non può rischiare un calo del supporto tra la popolazione o l’aumento delle proteste dei familiari dei soldati. Il Cremlino ha però assicurato che, per il momento, una chiamata generale alle armi non è necessaria visto l’alto numero di volontari che si sono presentati agli uffici di reclutamento, circa 486mila, attirati dalle promesse di cospicui pagamenti e indennizzi in caso di ferite invalidanti. Le prigioni della Federazione, inoltre, si sono rivelate un importante bacino di uomini disposti ad essere inviati al fronte in cambio della grazia.