«Tempi record»; «Una sola ora di discussione»; «Celerità mai vista». Se persino Repubblica utilizza queste parole per definire la velocità con cui la sezione disciplinare della Corte dei Conti ha deferito il magistrato Marcello Degni, allora non ci sono dubbi: siamo al giro di boa sulla giustizia. È la prova regina che in Italia c’è un problema di impunità e lentezza nei confronti dell’operato delle toghe.
Allo stesso tempo è la certificazione che la magistratura contabile segue logiche e procedure differenti rispetto a quella ordinaria. Lo stupore, vergato nero su bianco sulle colonne del quotidiano fondato da Scalfari, è una chiara avvisaglia che stupisce tutti, persino l’estensore dell’articolo.
«Neppure quattro giorni dopo ecco decollare la procedura per la punizione disciplinare» per colui che si è rammaricato del fatto che «potevamo farli sbavare di rabbia», riferito alla compagine governativa.
« Quattro giorni, appunto. Un lampo inaspettato e inconsueto. Sapete invece, giusto per fare soltanto un esempio, quanti giorni ci sono voluti affinché il Csm aprisse un procedimento nei confronti dei due magistrati, Michele Ruggiero e Alessandro Donato Pesce, condannati in via definitiva per violenza privata ai danni di alcuni testi? Più di centoventi.
Sì, avete letto bene. Ma la cosa ancora più assurda è che, nonostante sia stata deliberata per loro la sospensione, i due sostituti procuratori oggi sono ancora in servizio presso la procura della Repubblica di Bari. Motivo? A fine maggio hanno fatto ricorso e, dopo quasi otto mesi, la Cassazione non si è ancora degnata di esprimersi. Tutt’altro tenore rispetto alla Corte dei Conti. Tutt’altro tenore rispetto alla giustizia lumaca che da decenni attanaglia i comuni cittadini.