«A margine di un Ecofin, il ministro tedesco (Christian Lindner; ndr), di cui sono abbastanza amico, mi dice: Sono molto preoccupato per l’aumento dei tassi, l’anno prossimo pagherò 40 miliardi di tassi di interesse. E io gli ho risposto: E io che ne pago 90 cosa dovrei dire?. La differenza sono 50 miliardi ed è quello di cui ogni anno il ministro delle Finanze italiano – oggi sono io domani un altro – deve farsi carico, sottraendolo ai contribuenti». Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ieri nel suo intervento al Forum Internazionale del Turismo, ha ribadito quest’amara realtà al suo uditorio. «Quando si dice non bisogna fare deficit, non bisogna fare debito. No, non bisogna far debito», ha ribadito sottolineando che «se quelli di prima hanno sbagliato, non dobbiamo sbagliare noi».
Che cosa significano queste valutazioni? Che L’Italia deve sì tenere sotto controllo il bilancio, ma non può crocifiggersi a norme troppo penalizzanti, e con l’Ecofin sulla riforma del Patto di Stabilità alle porte, il messaggio è sempre lo stesso. «Il problema non è tanto flessibilità o regole rigide, ma inserire il realismo in quella che è una sacrosanta disciplina di bilancio», ha evidenziato Giorgetti. «Quello che ribadisco, in sede europea è la posizione italiana: noi accettiamo il principio di regole, l’ho detto anche ai colleghi tedeschi, di benchmark numerici su debito e deficit, però questo tema degli investimenti, e degli investimenti che siano coerenti con gli obiettivi politici strategici devono essere considerati, altrimenti manca una coerenza logica», ha concluso.
Insomma, se non si terrà conto di transizione green e delle spese per la difesa, che sono priorità della politica europea, escludendole dal deficit, il sì italiano non arriverà e resterà il vecchio Patto di Stabilità con le sue norme inapplicabili. «Se la transizione green è un obiettivo strategico politico ai massimi livelli, per soddisfarlo dobbiamo avere delle regole fiscali e di bilancio coerenti con questo tipo di ambizione», ha rimarcato precisando che «se l’Europa vuole essere pioniere in questa sfida, deve anche finanziarla o con le tasse dei contribuenti o con il debito degli Stati» e «la posizione italiana è dire che dobbiamo essere coerenti quando definiamo le regole fiscali, facendo in modo che questi investimenti siano trattati in modo preferenziale dentro la spesa».
Non è l’unico problema, anche se al momento è il maggiore. Le asimmetrie economiche tra i Paesi europei amplificano le difficoltà. C’è chi si schiera con l’austerity come i «frugali» del Nord, c’è chi come Francia e Spagna pensa al sostegno alla crescita e c’è chi come la Germania che vuole derogare al rigore perché è in recessione. Ed è su questo tasto che il titolare del Tesoro vorrebbe battere. «Se il contesto internazionale rallenta e si ferma, di conseguenza lo fa l’Europa, la Germania e se l’economia più forte rallenta, inevitabilmente rallentiamo anche noi», ha chiosato Giorgetti.
Una politica europea poco lungimirante, tutta rinchiusa nei rispettivi confini nazionali, induce Giorgetti a non desistere dai suoi propositi sul Patto, ma anche dall’attenzione ai conti. I buoni giudizi delle agenzie di rating? «Abbiamo fatto le cose giuste, è andata bene, ma prima c’è stata un’altra agenzia di rating molto più importante: i risparmiatori italiani che hanno sottoscritto in massa i Btp».