Duecento colpi di artiglieria sparati vicino a due isole sudcoreane nel Mar Giallo, mentre il dittatore Kim Jong-un continua a minacciare Seul di «guerra che potrebbe cominciare in ogni momento». È l’ora della Corea del Nord nella guerra mondiale a pezzi contro l’Occidente che giorno dopo giorno, sotto i nostri occhi distratti, si sta dipanando in questo 2024 in cui potremmo vedere la fine del mondo pacifico cui eravamo abituati. Un conflitto che si accende su più fronti e che vede nel ruolo di aggressore la Russia in Ucraina, l’Iran (attraverso le milizie sue alleate) a Gaza e nel Mar Rosso in attesa di sviluppi in Libano e in Irak, la Cina pronta ad annettersi Taiwan e a controllare il Mar Cinese Meridionale e, appunto, la Corea del Nord nel ruolo di destabilizzatore della sua regione.
Erano giorni che Kim, i cui rapporti con la Russia ma anche con i suoi alleati cinesi e iraniani sono sempre più stretti, andava ripetendo con toni violenti che il suo regime si prepara a una guerra con il Sud e i suoi alleati americani. Ieri, il peggior bombardamento dal Nord dal 2010 ha spinto Seul a ordinare l’evacuazione degli abitanti delle due isolette, ma anche ad annunciare un’imminente esercitazione navale «di risposta» in quella zona di mare.
Il sempre più visibile Asse anti occidentale ha come vero obiettivo gli Stati Uniti: la pressione militare sincronica su Washington in diversi quadranti internazionali nell’anno delle presidenziali Usa è l’effetto di un crescente coordinamento tra i regimi che lo compongono. La stretta alleanza tra Putin e Xi è nota da anni e Pechino, mentre si atteggia a pacificatore globale, minaccia i suoi vicini e fa esercitare (notizia di ieri) la sua Marina a bombardare una copia fedele di una super portaerei Usa. Ma è ormai anche evidente (ieri il capo di Hezbollah ha parlato di «grande occasione per liberarci degli americani») che l’Iran lavora d’intesa con russi e cinesi per scalzare la presenza Usa dal Medio Oriente. L’inaudito pogrom di Hamas del 7 ottobre scorso è servito, con l’attesa ricaduta dell’attacco a Gaza, non solo a bloccare l’avvicinamento a Israele dell’Arabia Saudita e di quella parte di mondo arabo che è stanca della causa palestinese, ma almeno altrettanto a favorire Xi, che stava vedendo la sua Via commerciale della Seta insidiata dall’alternativa Via delle Spezie che doveva collegare l’India con il Mediterraneo attraverso l’Arabia e Israele.
Sempre l’Iran, insieme con la Corea del Nord che ieri è stata accusata di questo dalla Casa Bianca, alimenta la guerra di Putin all’Ucraina con ampie forniture di missili, droni e munizioni. Kim, in cambio, ha ricevuto da Mosca tecnologia nucleare e per il suo recente lancio di un satellite spia: per questo il «Little Rocket Man» di trumpiana memoria si permette ora di minacciare i suoi vicini e perfino l’America. In fondo è solo un ingranaggio di uno sforzo concertato per mettere Joe Biden sotto il massimo stress militare possibile: tutti i dittatori dell’Asse, infatti, sperano di rivedere al suo posto il pessimo stratega Donald Trump, che già promette agli elettori Usa disimpegni all’insegna dell’isolazionismo.