L’ombra del terzo uomo al veglione di Rosazza

Caso Pozzolo, sostituito il caposcorta di Delmastro

Non c’è scappato il morto ma solo un ferito lieve. Eppure il fattaccio della notte di Capodanno a Rosazza viene analizzato in queste ore con la stessa tecnica che in certi gialli si usa per i delitti in una stanza chiusa: chi c’era, chi non c’era, chi non si sa. Si cerca il colpevole per esclusioni, scartando volta per volta solo le ipotesi certamente false. Ed è in questo modo che alla fine, cercando di capire chi ha esploso il colpo di pistola che ha raggiunto l’elettricista Luca Campana, genero di un agente della scorta del sottosegretario Andrea Delmastro, salta fuori una ipotesi finora inesplorata. Quella del terzo uomo. Se Campana esclude di essersi sparato da solo, se Pozzolo giura che la pistola non era in mano sua, resta un’alternativa secca: o uno dei due mente, o la pistola l’aveva in mano qualcun altro.

Mente Pozzolo? È la risposta più ovvia, il deputato di Fratelli d’Italia è il colpevole ideale, in queste ore viene subissato di insulti sui social («pagliaccio», «fai schifo», eccetera), sta per venire cacciato dal partito. Ma un amico che lo conosce da anni dice: «Emanuele ha i suoi difetti, ma, per come è fatto, se il colpo fosse partito a lui lo avrebbe detto subito». Secondo: è laureato in legge, sa bene che ammettere di avere esploso un colpo accidentale se la sarebbe cavata con poco. Terzo: non ha mai detto che a sparare è stato Campana, tutte le dichiarazioni in questo senso sono state smentite dal suo avvocato, l’unica frase autentica è la prima, detta a Capodanno, «non ho sparato io». Il resto lo dirà solo quando la settimana prossima verrà interrogato dal pm Paola Ranieri.

Ma se – ipoteticamente – Pozzolo avesse detto la verità, allora chi ha sparato? Qui la cosa si complica, perché un dato è certo: il deputato di FdI non era l’unico armato quella sera. Armati erano tutti gli uomini della scorta di Delmastro, guidata dal genero di Campana, Pablito Morello, e alcuni loro colleghi invitati per l’occasione. Sul comportamento della scorta ci sono già alcune ombre, al punto che il sindacato della polizia penitenziaria ha protestato per la presunta «criminalizzazione» degli agenti. Ma un dato è certo: in nessuna delle sue dichiarazioni il sottosegretario alla Giustizia, quando ha detto di trovarsi al momento dello sparo fuori dall’edificio a portare i rifiuti, ha detto che gli agenti erano con lui. Se hanno lasciato uscire Delmastro da solo, gli agenti da una parte hanno violato i loro doveri, dall’altra erano presenti al fattaccio. Era uno di loro a impugnare la pistola caduta a Pozzolo? I racconti che circolano in questi giorni, secondo cui qualcuno degli agenti avrebbe festeggiato il Capodanno sparando in aria con la pistola d’ordinanza, costituirebbero un’ottima scusa se per caso qualcuno di loro risultasse positivo al tampone stub.

Il giallo, dunque, è tutt’altro che chiuso sul piano giudiziario. E ancora tutta aperta è la querelle politica innescata dall’inverosimile episodio del San Silvestro di Delmastro. La «rigidità» annunciata dal premier Giorgia Meloni nei confronti di Pozzolo non basta a placare le opposizioni, e ieri cinque deputati del Pd guidati da Debora Serracchiani annunciano una interrogazione sul caso, dicendo che «questa vicenda chiama pesantemente in causa i ministri Nordio e Piantedosi» cui chiedono di accertare tra l’altro «la qualità degli eventuali legami tra il sottosegretario Delmastro e gli ambienti della polizia penitenziaria piemontese».

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