Giuliano Amato lascia la presidenza della cosiddetta Commissione algoritmi in polemica con Giorgia Meloni. E con il solito rancore mascherato dall’ironia: “Peccato, ci perdono qualcosa… Ma a me semplificherà la vita“. Dopo le parole del premier, che nella recente conferenza stampa aveva preso le distanze dalla sua designazione a quell’incarico, l’85enne giurista si è alzato dalla poltrona sulla quale si era da poco accomodato. “È una commissione della presidenza del Consiglio, e visto che la mia nomina non risulta essere un’iniziativa della presidente del Consiglio lascio senz’altro l’incarico“, ha commentato, scegliendo così di togliere il disturbo.
Certo, quella sua nomina aveva fatto parecchio discutere anche prima che Meloni la disconoscesse. Innanzitutto, in molti si erano chiesti se l’ottuagenario costituzionalista fosse la persona più adatta a guidare una comissione sull’intelligenza artificiale ed erano anche sorti malumori di natura politica. Pare infatti che Giorgia Meloni non fosse al corrente della scelta ricaduta sull’ex presidente della Corte Costituzionale. “Credo si sappia che non sia una mia iniziativa“, aveva ribadito ieri lei stessa. Dopo la nomina, il sottosegretario Alberto Barachini, che aveva fatto l’annuncio, si scusò per un “disguido di comunicazione” che non c’entrava con la persona scelta e che tuttavia aveva creato qualche frizione.
A riaccendere le insofferenze sono state poi alcune recenti dichiarazioni dello stesso Amato, che in un’intervista a Repubblica aveva riversato veleni sul governo Meloni, parlando addirittura di “democrazia a rischio” (così titolava il quotidiano) e di “apprensione” per la “nostra destra populista“. Nella medesima conversazione, l’ormai ex presidente della Commissione algoritmi aveva parlato anche della Corte Costituzionale “percepita come un nemico“. Parole alle quali Meloni ha risposto con piglio durante il suo incontro con i giornalisti. “Sono rimasta particolarmente basita delle dichiarazioni del professor Amato sul tema della Corte costituzionale“, ha commentato il premier, prendendosela con chi ritiene che “siccome entro il 2024 il Parlamento che oggi ha una maggioranza di centrodestra deve nominare quattro giudici della Consulta, ci sarebbe il rischio di una deriva autoritaria“.
“Io penso semmai che sia una deriva autoritaria considerare che chi vince le elezioni, se non è di sinistra non abbia gli stessi diritti degli altri. Nella mia idea di democrazia questo non esiste, e il mondo nel quale la sinistra ha più diritti degli altri, per quanto mi riguarda, è fi-ni-to“, aveva rimarcato Meloni. E lo stesso Amato, chiamato in causa, ha ribattuto: “Io non ho assolutamente parlato dell’elezione dei giudici della Corte. Ho evidenziato un altro problema, come sa chi ha letto davvero l’intervista. Ho parlato dell’accoglienza delle decisioni della Corte, chiunque l’abbia eletta, e ad oggi in Italia non è mai stata la presidente del Consiglio a porre questa questione. Hanno cominciato altri esponenti della sua maggioranza, ma non lei”.
Lo strappo plateale consumatosi con il presidente del consiglio e culminato ieri in conferenza stampa ha così spinto Amato a rinunciare a quell’incarico. Avanti un altro: a presiedere la commissione sull’intelligenza artificiale non sarà più l’ex premier.