Da giocatore è stato un`icona. Oggi, insieme al ct Spalletti, è il personaggio più rappresentativo della nazionale italiana. Ogni dichiarazione di Gigi Buffon, capo delegazione degli azzurri, assume quindi un valore «istituzionale» che ha il suo peso nell`opinione pubblica. Figuriamoci poi se le sue parole toccano un nervo scoperto come le scommesse che hanno messo in subbuglio il mondo del calcio e la nazionale stessa. «È un tema molto delicato – spiega il portiere campione del mondo in una intervista a Sette -. Credo sia sbagliato criminalizzare e non fare dei distinguo. Scommettere di per sé non è reato, gli stadi stessi e le trasmissioni sportive sono pieni di pubblicità di app di questo genere e lo Stato incentiva il gioco. Se invece un calciatore scommette sul calcio va incontro a punizioni che giustamente devono essere inflitte; ma se scommette sulla pallavolo, sul basket, sulle corse dei cani? non sta commettendo alcun reato».
Sull`argomento Buffon respinge moralismi e luoghi comuni: «La cosa peggiore quando si parla di ludopatia, anche qui non centrando l`obiettivo: la ludopatia non è un problema di quanto spendi, ma del tempo che dedichi a questa attività. E questo dobbiamo spiegarlo ai ragazzi: non è che se si fanno continue scommesse da 1 euro trascorrendo ore e ore davanti alla app, allora è un tutto ok; mentre se uno spende 1 milione in un`unica occasione allora è ludopatico».
Gigi va giù duro, senza giri di parole: «Sarà un cretino, va bene; ma la patologia nasce dalla dipendenza, la continuità con cui si fa una cosa. Non mi piacciono i bacchettoni che giudicano con superficialità. Ci sono passato anche io venendo infangato senza aver commesso nulla: quando le cose si chiariscono, ci si dimentica di spiegare e chiedere scusa e si lasciano le persone con un`etichetta addosso ».