Fed alla finestra e le Borse sbandano

Fed alla finestra e le Borse sbandano

I rischi di un nuovo rialzo dell’inflazione si attutiscono, ma il livello dei tassi resterà appropriato «per un po’ di tempo». Le minute della riunione del Fomc della Federal Reserve del 12-13 dicembre sono abbastanza elusive rispetto alla possibilità di un taglio dei tassi (attualmente al 5,25-5,5%) nel primo trimestre. Se da un lato i componenti del board guidato da Jerome Powell hanno mostrato preoccupazione per i danni che una politica monetaria «eccessivamente restrittiva» potrebbe causare all’economia, dall’altro lato l’attuale bias andrà mantenuto «fino a quando l’inflazione non sarà chiaramente su un percorso verso il 2%». In un certo senso Wall Street sembrava attendersi un esito simile visto che per tutta la giornata gli indici sono rimasti in territorio negativo e a poco meno di un’ora dalla chiusura il Dow Jones perdeva lo 0,4% e il Nasdaq lo 0,8%, anche a causa delle consuete prese di beneficio di inizio anno. Ancora peggiore l’andamento delle principali piazze europee: Parigi (-1,6%), Francoforte (-1,4%), Milano (-1,4%) e Londra (-0,5%).

«Quasi tutti i partecipanti», si legge nelle minute, «hanno indicato che un intervallo obiettivo più basso per il tasso dei Federal Funds sarebbe appropriato entro la fine del 2024». Si potrebbe quasi parlare di un atteggiamento democristiano dal punto di vista politico in quanto i componenti del Fomc hanno indicato la necessità di un «compromesso» (in questo caso poco storico e molto contingente) tra l’obiettivo di controllare l’inflazione (3,1% a novembre) e mantenere alti i tassi di occupazione. Come detto, i verbali non chiariscono quando potranno iniziare i tagli dei tassi. I partecipanti hanno infatti rilevato «un grado di incertezza insolitamente elevata». In definitiva, le prossime decisioni continueranno a essere «dipendenti dai dati» e consapevoli dei rischi che si stanno sviluppando per l’economia e dei risultati più rapidi del previsto nella lotta contro l’inflazione. Non a caso i due dati macro Usa di ieri sono stati contrastanti: l’Ism manifatturiero è salito più delle attese, mentre le offerte di lavoro sono ai minimi da marzo 2021.

L’atteggiamento della Fed non è dissimile da quello che sta tenendo la Bce di Christine Lagarde, la navigazione a vista con una politica data driven senza l’ambizione di dettare l’agenda al mercato. Insomma, le uniche note positive vengono dalla conferma delle proiezioni secondo cui è atteso un calo di 0,75 punti dei tassi equivalenti a tre tagli di 0,25 punti. L’avvio del processo, però, è rinviato a una data da definirsi o addirittura al secondo semestre. Se ne saprà di più nella prossima riunione del Fomc il 30-31 gennaio.

La giornata di ieri non ha portato buone notizie nemmeno sul fronte delle materie prime. Il prezzo del greggio Wti è salito del 3,4% a 72,8 dollari al barile, mentre quello del Brent è aumentato del 3,2% a 78,3 dollari in seguito allo stop dell’offerta in Libia. Le proteste di un movimento politico del Fezzan hanno portato alla chiusura del giacimento di Sharara. Si tratta di un campo che produceva circa 300mila barili al giorno. Ora si teme che la sommossa possa bloccare anche il giacimento di El Feel da 600mila barili al giorno. E l’Opec non cambierà orientamento sui tagli alla produzione prima di febbraio.

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