“Hanno in testa Salvini”. I sospetti di Verdini sul caso Anas

"Hanno in testa Salvini". I sospetti di Verdini sul caso Anas

È tutta fuffa“. Intercettato dalla Guardia di Finanza, Denis Verdini parlava così, teorizzando anche una presunta ossessione inquisitoria contro Matteo Salvini. “È sempre la stessa storia: c’è qualcosa di politico che vogliono trovare che non c’è, ma che vogliono trovare perché uno è Verdini, in testa c’è Salvini“, diceva infatti l’ex parlamentare, commentando l’indagine della procura di Roma su alcune commesse Anas che avrebbe poi portato agli arresti domiciliari suo figlio Tommaso e altre quattro persone.

Nell’intercettazione, che risale 12 luglio 2022, tra Denis Verdini suo figlio e Fabio Pileri, socio della Inver, si parlava anche delle perquisizioni disposte dai pm di piazzale Clodio e avvenute in precedenza. Secondo quanto riportato, Verdini provava a tranquillizzare il figlio Tommaso e Pileri. “È inutile rimuginare sulla questione che la tesi è traffico di influenze e corruzione, per cui ‘non è detto che siano soldi l’utilità”…‘, sintetizza l’informativa della Guardia di Finanza, ricostruendo le conversazioni. “Dalla lettura del decreto è tutta fuffa, il problema è da vedere che cosa altro c’hanno“, sosteneva ancora l’ex parlamentare.

Oggi, nell’interrogatorio di garanzia previsto davanti al gip di Roma, Tommaso Verdini si è avvalso della facoltà di non rispondere. La stessa scelta è stata adottata dalle altre persone che il 28 dicembre scorso erano state raggiunte da misura cautelare. A quanto si apprende, il figlio dell’ex parlamentare non si è recato a piazzale Clodio ma ha trasmesso al giudice una dichiarazione nella quale manifestava appunto la propria volontà di avvalersi della facoltà di non rispondere. Per Fabio Pileri, socio di Tommaso Verdini nella Inver, ha parlato invece il suo difensore, l’avvocato Alessandro De Federicis.

L’indagine è durata due anni e il giudice ha impiegato cinque mesi per scrivere l’ordinanza: la scelta di avvalersi della facoltà di non rispondere era obbligata. Abbiamo visto molte cose sulle quali avremmo da dire, ma in questa fase dobbiamo prima verificare l’entità dell’accusa“, ha spiegato il legale ai giornalisti. Tra i motivi che hanno spinto gli indagati a tacere per il momento, infatti, c’è anche l’aver ricevuto solamente ieri gli atti dell’inchiesta, circa 7mila pagine, e di aver quindi avuto troppo poco per preparare una linea difensiva adeguata. I reati ipotizzati per i sette indagati e destinatari di misura cautelare – cinque personali e due interdittive – sono, a vario titolo, corruzione e turbativa d’asta.

Nei giorni scorsi la vicenda era stata strumentalizzata a fini politici, con la sinistra che aveva tirato impropriamente per la giacchetta Matteo Salvini (totalmente estraneo ai fatti e all’inchiesta), chiedendogli di pronunciarsi in Parlamento. La discutibile e faziosa mossa aveva spinto Fratelli d’Italia a fare quadrato attorno al vicepremier e ministro.

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