Nel suo discorso di fine anno la regina Margrethe II ha annunciato l’abdicazione in favore del figlio, il principe Frederik. Per alcuni si tratterebbe di una mossa studiata per salvare l’immagine dell’erede al trono, recentemente offuscata dallo scandalo di una presunta relazione extraconiugale. Per altri la sovrana avrebbe problemi di salute che non le consentirebbero più di portare avanti i suoi doveri pubblici. C’è anche chi sostiene che l’abdicazione sarebbe necessaria per consentire alla Corona danese di rinnovarsi e sopravvivere. Qualunque sia la motivazione (e potrebbe essere più d’una), la decisione di Margrethe II ha un enorme valore politico e dinastico. Da una certa prospettiva è una scelta coraggiosa, la stessa che da anni molti chiederebbero a Carlo III, per restituire alla monarchia britannica nuova linfa vitale. L’ultimo in ordine di tempo a invocare l’abdicazione del Re d’Inghilterra è il Guardian, secondo cui il principio di ereditarietà del trono sarebbe ormai diventato “indifendibile”.
Responsabilità ed ereditarietà
“Re Carlo III dovrebbe seguire l’esempio della Danimarca e dirci quando abdicherà”, titola il Guardian in un articolo del 2 gennaio 2024, firmato da Simon Jenkins. Il giornalista non usa mezze misure, anzi, ritiene che la decisione della regina Margrethe sia “un segno di una monarchia costituzionale ragionevole”. Non è neanche una novità, visto che prima di lei i monarchi di Belgio, Paesi Bassi e Spagna si sono serviti di questa opzione per favorire un ricambio generazionale e, di conseguenza, un rinnovamento più rapido delle rispettive Corone.
Infatti il 30 aprile 2013 la regina Beatrice d’Olanda abdicò in favore del suo primogenito, Guglielmo Alessandro. Il 21 luglio dello stesso anno fu la volta di Alberto II del Belgio, che cedette il trono al figlio Filippo. Il 18 giugno 2014 toccò a Re Juan Carlos di Spagna, che fece un passo indietro in favore di Felipe VI (anche se questo caso è un po’ più particolare dati gli scandali che hanno travolto il nome dell’ex sovrano). Sono emblematiche le parole pronunciate da Beatrice d’Olanda il 28 gennaio 2013: “[Rinuncio al trono non] perché il ruolo sia troppo pesante, ma perché sono convinta che la responsabilità di questo Paese debba essere trasmessa a una nuova generazione”.
Proprio ciò che chiederebbe il Guardian a Re Carlo III. Una scelta fatta per il bene della monarchia, lasciando da parte l’ego ed eventuali individualismi. La linea di successione non potrebbe più giustificare la presenza e il potere di un Re, non sarebbe più l’arma con cui i sovrani possono pretendere di regnare: “L’ereditarietà è una base indifendibile per ricoprire un’alta carica. Sopravvive solo nella più tremenda delle dittature e nella più liberale delle democrazie. Naturalmente nelle democrazie è impotente, incarnando esclusivamente in una persona le funzioni cerimoniali di un capo di Stato monarchico. Il suo fascino sopravvive semplicemente attraverso la popolarità”.
“Una statua di cera”
“…Una vecchia monarchia europea”, scrive Jenkins sul Guardian, “…riduce il rischio di scandali… come quelli che hanno compromesso la Spagna sotto Juan Carlos…ma rende l’istituzione vulnerabile all’incapacità e alla impopolarità”. Dunque “l’abdicazione è la risposta ovvia. Significa che il capo di Stato non è una statua di cera, ma deve essere un diligente maestro di cerimonie”. Una persona che dovrebbe intuire anche quando è caso di farsi da parte.
Secondo il giornale l’età non dovrebbe essere un limite di per sé, però sarebbe anacronistico pensare che un regnante debba per forza rimanere al suo posto fino al suo ultimo respiro, che non vi sia un’alternativa. O meglio, che tale alternativa venga considerata un’eccezione alla regola, qualcosa di clamoroso e inusuale. Carlo III ha un successore molto più popolare di lui, il principe William e se abdicasse in suo favore, spiega ancora Jenkins, la monarchia ne uscirebbe rafforzata. L’attuale monarca, però, sembra appartenere alla vecchia scuola, quella della regina Elisabetta, che promise di servire il suo regno fino alla morte e così fece.