Il 3 gennaio non è un giorno come un altro in Iran. Esattamente quattro anni fa infatti, lungo la strada tra il centro e l’aeroporto di Baghdad, è stato ucciso il generale Qassem Soleimani. Ossia l’architetto della strategia politica degli ayatollah, colui che ha l’ideato la cosiddetta “mezzaluna sciita“. Il raid, compiuto dalle forze speciali Usa su ordine dell’allora presidente Donald Trump, ha destato all’epoca forte scalpore in Iran. Oggi, durante le commemorazioni di quel raid, un’esplosione ha fatto strage. A Kerman, dove si trovano le spoglie del generale, il conto delle vittime potrebbe sforare quota 100.
A dirlo è stato il vice governatore di Kerman, il quale ha apertamente parlato di attentato terroristico. Le esplosioni inoltre sarebbero state due ed entrambe avrebbero preso di mira le migliaia di persone che stavano andando alle cerimonie di commemorazione. Anche sull’agenzia Tasmin si parla di almeno 103 vittime e 171 feriti.
A loud sound was heard outside #Kerman’s Martyrs Cemetery for a second time this afternoon. pic.twitter.com/xxNTYrgQQ6
— IRNA News Agency (@IrnaEnglish) January 3, 2024
L’attentato nel giorno in cui l’Iran minaccia vendetta
Teheran nelle scorse ore aveva minacciato vendetta per la morte non solo di un altro generale dei pasdaran ucciso in medio oriente, in particolare il generale Seyed Razi Mousavi, ma anche per la morte di Saleh Al Arouri, numero due di Hamas scovato da Israele in un appartamento a Beirut. Gli ayatollah hanno detto di voler vendicare gli ultimi due raid e di voler rispondere a quelle che, secondo i dirigenti iraniani, sono crimini di fattura israeliana.
La morte di Mousavi non poteva non provocare una reazione da parte iraniana. Il generale è stato ucciso in Siria in uno dei tanti raid israeliani attuati contro obiettivi di Teheran. Mousavi peraltro era uno dei massimi rappresentanti dei pasdaran, nonché uno dei principali collegamenti tra la dirigenza iraniana e quella di Damasco. La sua uccisione, avvenuta per mano dello Stato ebraico, ha quindi scatenato le ire degli ayatollah. L’ambasciatore dell’Iran all’Onu ha già fatto sapere che la Repubblica Islamica si riserva di rispondere.
Sorprende come toni molto simili siano stati lanciati sempre contro Israele a proposito dell’uccisione di Al Arouri. Del resto, il raid questa volta non ha riguardato un membro dei pasdaran o delle forze dell’esercito iraniano. Né l’operazione ha avuto come obiettivo una base iraniana in Siria, visto che il drone israeliano che ha individuato Al Arouri ha operato nello spazio aereo libanese.
Eppure, da Teheran le minacce contro Israele sono state in tal senso esplicite. “Ci saranno conseguenze, sicuramente, per l’uccisione in Libano del numero due di Hamas, Saleh al-Arouri, da parte di Israele”, ha dichiarato il ministro della Difesa Mohammad Reza Gharaei Ashtiani. Quest’ultimo ha accusato anche gli Stati Uniti, dichiarando come “il fumo andrà anche dritto nei loro occhi”. A fargli eco, è stato il ministro degli Esteri Hossein Amirabdollahian. “Le attività dannose della macchina terroristica di questo regime israeliano – ha scritto su X – in altri Paesi sono una vera minaccia alla pace e alla sicurezza”.
Teheran è in grado di reagire?
L’Iran evidentemente vuole sottolineare il proprio ruolo di “garante” delle forze anti israeliane nella regione. Da qui le promesse di vendetta non solo di Mousavi, ma anche del vice capo politico di Hamas ucciso a Beirut. La domanda però sorge spontanea: la Repubblica Islamica è nelle condizioni di reagire? E tra i massimi dirigenti di Teheran, c’è davvero la volontà di attuare ritorsioni nei confronti di Israele?
Quattro anni fa, subito dopo la morte di Soleimani, una reazione c’è stata ma ha prodotto più danni che altro. In primis, i razzi partiti dal territorio iraniano e diretti contro le basi Usa in Iraq non hanno prodotto gravi problemi di sicurezza ai soldati statunitensi presenti nella regione. L’attacco ha preso subito le sembianze di un’azione predeterminata e rivolta a obiettivi già messi in sicurezza da Washington. Inoltre, uno dei missili lanciati da Teheran ha colpito un aereo civile ucraino che in quel momento stava sorvolando la capitale iraniana.
Uno smacco non indifferente che ha lasciato ampie tracce nel Paese. Oggi quindi, al di là dei proclami, occorre vedere se l’Iran è nelle condizioni o meno di attaccare Israele oppure obiettivi Usa. Anche perché, almeno fino ad oggi, Teheran si è ben guardata nel passare a un’azione diretta contro lo Stato ebraico.