Occhi chiusi, perché non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere. E a sinistra al momento non compare nemmeno un monocolo. E così, il giorno dopo i disordini di Capodanno nelle periferie di Milano, è andato tutto come previsto. Con i giornali che si ispirano al centrodestra a lanciare l’allarme e ad aprirci le pagine con resoconti e commenti, quelli tradizionalmente più cerchiobottisti a titolare grande di cronaca e quelli di sinistra a far finta di niente. Come se nulla fosse.
Sia chiaro che da un punto di vista dei morti e dei feriti poco è successo, ma solo grazie al grande impegno delle forze dell’ordine e all’imponente dispositivo di sicurezza messo in campo dal questore Giuseppe Petronzi, ma da un punto di vista sociologico molto è capitato. Perché dopo le barricate di masserizie messe in strada e incendiate dai residenti di San Siro che hanno poi aggredito le forze dell’ordine a sassate e con le pistole in pugno gridando «Milano come Bagdad», si può e si deve finalmente dire che Milano ha imboccato la strada di Parigi e Bruxelles, le grandi città europee che hanno già provato sulla loro pelle le sferzate e le pallottole di un’integrazione fallita. Di quartieri diventati sempre più impenetrabili alle istituzioni e dove a vigere è al legge della criminalità. Questo significano le barricate di Capodanno, anche al di là degli effetti raggiunti. Non sarebbe difficile vederlo, invece di girare pagina e aspettare la prossima volta. Che, come ha dimostrato l’altra notte, sarà sempre più cruenta della precedente. Per questo a non essere più procastinabile è un lavoro di riconquista di territori diventati ghetto (e abbiamo tutti finalmente il coraggio di pronunciarla questa parola). Un compito che per essere veramente efficace spetta alla politica e all’amministrazione di centrosinistra del sindaco Giuseppe Sala (nella foto) ancor prima che alle divise. Ma per agire bisognerebbe prima vedere.