La solitudine dell’ex numero uno italiano è in una foto natalizia e in uno sguardo che sono tutto un programma. La felicità dell’ex numero uno del mondo è invece una vittoria un anno dopo, passati i tormenti di un campione che non ha voluto mollare così. Ecco, l’esempio di Rafa Nadal potrebbe essere d’aiuto a Matteo Berrettini, due storie di tennis che s’incrociano e che in fondo hanno la stessa morale: crederci sempre, anche quando tutto gioca contro.
«È stato l’anno peggiore della mia vita» ha detto Rafa, dopo aver vinto 7-5, 6-1 nel grande rientro a Brisbane contro Thiem. «Sta colpendo davvero duro» aveva avvertito chi si era allenato con lo spagnolo alla vigilia, ed in effetti l’uomo che è stato la nemesi di Roger Federer sembrava fosse sempre lo stesso, ma non lo era: «Non sapevo a che livello mi sarei ritrovato, è stata un’emozione incredibile». Ci è voluta costanza, pazienza, abnegazione, ci è voluta speranza per rivedersi tennista ancora una volta, e non certo per fare solo passerella. Così, alla fine, è da qui che si deve prendere insegnamento: «Potrebbe essere che questa sia l’ultima volta che mi vedete giocare qui in Australia, ma realmente non lo so. Magari tra un anno sarò di nuovo qui, per questo non posso dire che il 2024 sarà l’anno del mio ritiro».
Campione, insomma, così come lo è stato Berrettini fino a quando il destino ha cominciato a punirlo. Niente rientro a Brisbane per lui perché il piede fa ancora male. Ma gli fa male di più l’anima, e sembra ormai di vivere un eterno giorno della marmotta: pronto a giocare, ma poi Dicono che Matteo sia troppo buono, e ci si chiede che impressione gli farà lunedì 8 gennaio essere fuori dai primi 100 del mondo (al 125) dopo oltre 5 anni: era dal 14 maggio del 2018 che non succedeva, ma era troppo buono anche allora ed è stato il segreto del suo successo, perché tutti lo hanno amato per quella sua ferocia gentile. Eppoi tutto è cominciato quando poteva far finta di niente: quello che poteva essere il primo italiano a vincere Wimbledon (talmente era in forma a luglio 2022) ha lasciato il torneo per colpa del Covid quando non era più obbligatorio farlo. Non voleva mettere a rischio i colleghi, e invece è stato ripagato dalla sorte finendo per rotolare in un abisso di ingiustizie: addominali, mano destra, piede sinistro, polpaccio della gamba destra, di nuovo addominali, distorsione della caviglia destra, altro problema al piede, ora. La litania sanitaria è un rosario finora inascoltato.
«Ero finito nel buio, non avevo neanche più la forza di alzarmi per andare ad allenarmi. Ho ritrovato il sorriso» ha detto poco tempo fa, quando è accorso a bordo campo per conquistare la Davis da spettatore supporter. Sembra lo stesso discorso di Rafa, ma adesso? Nadal ha 37 anni, Berrettini dieci di meno: prenda esempio, c’è tutto il tempo di recuperare. A costo di saltare la stagione australe e ripresentarsi senza guai a marzo, quando i sei mesi da infortunato gli permetterebbero di garantirsi il ranking protetto e di ripartire da numero 35 del mondo. Ci sta pensando, non sarebbe una vergogna ma la consapevolezza di voler essere padrone del proprio destino. Come Rafa e non come in quella foto con un albero di Natale vicino a lui che non si vede. Ma che sembrava essere spento.