È morto Zvi Zamir, il capo del Mossad che provò a impedire la guerra dello Yom Kippur

È morto Zvi Zamir, il capo del Mossad che provò a impedire la guerra dello Yom Kippur

Si è spento all’età di 98 anni Zvi Zamir, l’ex capo del Mossad che nel 1973 avvertì dell’attacco programmato dall’Egitto e dalla Siria contro Israele. L’intelligence militare e i vertici politici dello Stato ebraico non diedero però importanza all’allarme ricevuto aprendo la strada a quella che sarebbe poi stata denominata come la guerra dello Yom Kippur e determinando così una delle più gravi debacle dei servizi segreti del Paese mediorientale.

A dare l’annuncio del decesso è stata la stessa agenzia di spionaggio che Zamir ha guidato dal 1968 al 1974, anni chiave nel confronto durissimo tra Tel Aviv e i Paesi arabi e le organizzazioni terroristiche palestinesi. “Il suo contributo alla sicurezza di Israele sarà ricordato ancora per molto tempo” ha dichiarato il ministro della Difesa Yoav Gallant, rappresentante di un governo impegnato in un altro conflitto il quale, secondo diverse ricostruzioni della stampa, sembra presentare dei punti di contatto con quanto avvenuto nell’ottobre del 1973.

Nato nel 1925 a Lodz, in Polonia, ed emigrato a Tel Aviv ad appena nove mesi, Zamir si arruolò all’età di 16 anni nel Palmach, la prima forza armata israeliana, e successivamente prestò servizio nell’esercito nazionale come generale. Una carriera inarrestabile che lo portò diversi anni dopo a ricevere la nomina come quarto capo del potente servizio di spionaggio. Sotto la sua direzione lo Stato ebraico organizzò la campagna di omicidi mirati per eliminare i responsabili degli attacchi eseguiti dal gruppo terroristico Settembre nero contro gli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco del 1972.

Il momento più drammatico della vita di Zamir si compì il 5 ottobre del 1973, il giorno prima dello scoppio della guerra, quando una fonte egiziana di alto livello chiese un incontro urgente con il responsabile degli 007 d’Israele. L’informatore era l’agente “Angelo” cioè Ashraf Marwan, il genero del presidente dell’Egitto Gamal Abdel Nasser e consigliere del suo successore Anwar Sadat.

Zamir accettò di incontrare Marwan a mezzanotte in un albergo di lusso di Londra ricevendo l’informazione che il giorno successivo l’esercito egiziano e quello siriano avrebbero lanciato un attacco contro Israele. Alle 03.00 del mattino il capo delle spie chiamò un suo consigliere per trasmettere un messaggio in codice – “domani è festa” – che corrispondeva all’avviso di una guerra imminente. Non era la prima volta che l’Angelo suonava l’allarme.

Era già successo a maggio dello stesso anno quando Zamir aveva informato direttamente la premier Golda Meir ma nessuna invasione nemica si era materializzata. Anche per questo Marwan non era considerato affidabile e addirittura si sospettava stesse facendo un doppio gioco. Furono il ministro della Difesa Moshe Dayan e il responsabile dell’intelligence militare Eli Zeira a concludere che quanto comunicato da Londra non fosse sufficientemente attendibile e nessuna misura particolare venne quindi adottata.

Il 6 ottobre però Egitto e Siria attaccarono per davvero e sebbene dopo la sorpresa iniziale Tel Aviv riuscì a sconfiggere gli eserciti nemici il ricordo del trauma subito è arrivato sino ad oggi. In queste ore Zamir – che dopo il conflitto si dimise e lavorò nel settore privato – è stato ricordato con rispetto da tutti i principali esponenti politici e militari del suo Paese. Di lui Danny Yatom, capo del Mossad negli anni Novanta, ha detto: “Se ne è andato pensando che se fosse riuscito ad imporsi la guerra del 1973 non sarebbe avvenuta”. Un rimpianto che a distanza di 51 anni e all’indomani degli attacchi di Hamas del 7 ottobre continua ad attanagliare la società israeliana.

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