Attenzione, la situazione sta cambiando e la notizia riguarda tutti noi occidentali consumisti filocapitalisti ossessivo compulsivi (se non siete dei nostri, non andate avanti a leggere). Se ne parla da mesi, ma riguarda molte persone affette da quello che viene definito «reso facile», o «reso compulsivo».
Cioè comprare qualcosa online, e poi chiedere il rimborso per il reso. Il problema è che le aziende si sono rotte le scatole (letteralmente) che tornano indietro perché l’acquirente ci ha ripensato. Pensate che in UK adesso Zara addebita 1,95 sterline a chi vuole restituire un abito comprato tramite gli store online di terze parti, e idem cominciano a fare molte altre aziende. Anche perché solo nell’anno appena trascorso la merce restituita è addirittura del 17% del totale.
Ovviamente il reso compulsivo è tutt’uno con l’acquisto compulsivo, insomma, diciamo la verità, è così facile comprare online, è così bello, è così appagante. Io compro così tanto online che quando mi arrivano i pacchi mi sono pure dimenticato cosa avevo ordinato, e mi sembrano regali di qualcuno, e penso che tanta gente mi voglia bene da mandarmi sempre regali.
Comunque sia, sostengono le aziende, le persone comprano senza criterio, e per convincerle a non rendere hanno anche un alibi pronto: salvaguardare l’ambiente (anche se la verità è il costo della logistica e dei trasporti).
Detto questo, una riflessione: da una parte il reso è la ragione del perché un consumatore online tende a spendere di più, è tutto così a portata di clic! Io personalmente non rendo mai niente, a meno che non sia difettoso o rotto, mi assumo le colpe come Spiderman, perché da un grande potere derivano grandi responsabilità. Però ammetto che ho mamme e suocere che comprano senza neppure andare a vedere le misure, oppure cambiano idea quando gli arriva a casa quello che hanno ordinato. Tendo quindi a pensare che di quel 17% gran parte sia costituito da donne (lo so, mi arriveranno gli insulti delle femministe, ma non lo dico per maschilismo). Basta aver accompagnato una sola volta la propria moglie o compagna o amante a fare shopping: è una tortura, perché non si decidono mai, e quando hanno deciso spesso tornando a casa non sono soddisfatte, quasi quasi tornano a cambiarlo, o a farsi restituire i soldi.
In questo hanno ragione le aziende, e tuttavia, ripeto: più sai che puoi restituire più acquisti, per cui invitare a pensarci troppo prima di comprare qualcosa, con appelli alla responsabilità, all’ambiente, al pianeta, a quello che volete, potrebbe non essere una scelta economicamente vantaggiosa. D’altra parte chi ha passato i cinquanta come me si ricorda che una volta non era per niente facile riportare al negoziante qualsiasi cosa e farsi ridare i soldi, e credo che sia per questo che Jeff Bezos è diventato uno degli uomini più ricchi del mondo.
Tant’è, per quanto riguarda la mia esperienza, Amazon è impeccabile, esageratamente impeccabile: meno di un mese fa ho regalato due magliette a uno dei miei migliori amici che vive in Lussemburgo, per il suo compleanno. Solo che ho sbagliato indirizzo. L’ho comunicato a Amazon, che ha emesso immediatamente un rimborso scusandosi, io ho riordinato le magliette con l’indirizzo giusto, e al mio amico sono arrivate due volte. Voglio dire, per Amazon hai ragione anche quando la colpa è tua, e questo per noi consumisti è bellissimo.