Mai più Islam politico in Francia? Gli imam in territorio francese non saranno più sostenuti finanziariamente da stati stranieri, per questa ragione da ieri è in vigore la Carta dei principi che non consente l’accettazione di nuovi imam nominati dall’estero. In sostanza il numero uno dell’Eliseo ha inteso tracciare una linea Maginot tra gli imam che sceglieranno di allinearsi alla Repubblica francese e coloro che non lo faranno, tramite la creazione di un cosiddetto Islam «illuminista».
Emmanuel Macron lo aveva anticipato in un discorso del 2020, a Les Mureaux, per combattere il separatismo: in questo modo il governo punta a ridurre l’influenza straniera e al contempo promuoverere l’autonomia nelle pratiche islamiche all’interno del paese. Secondo il ministro dell’Interno francese, Gerald Darmanin, solo così si taglierà il nesso finanziario con l’esterno, passaggio su cui si è espresso positivamente Tariq Oubrou, il grande imam della moschea di Bordeaux, evidenziando la possibilità di ridurre le interferenze politiche e teologiche dei paesi d’origine. Favorevole a metà, invece, Abdallah Zekri, vicepresidente del Consiglio francese della fede musulmana (CFCM), secondo cui gli attuali imam, la maggior parte dei quali provengono da Turchia e Algeria, non sono separatisti, ma rispettano i valori e le leggi della Repubblica.
Cosa cambierà da quest’anno, dunque? In sostanza gli imam nominati all’estero dovranno modificare il loro status e verranno assunti direttamente dalle associazioni dei luoghi di culto in Francia. La mossa nasce circa quattro anni fa: dopo il discorso pubblico di Les Mureaux, nel gennaio del 2021 il Consiglio francese della fede musulmana (CFCM) aveva adottato la Carta dell’Imam, con l’obiettivo di trasformare l’Islam in Francia in un Islam “di” Francia. Era stato lo stesso presidente Macron ad incaricare il CFCM, il rappresentante de facto delle federazioni di fede musulmana presso il governo francese, di mettere a punto una sorta di vademecum che rispecchiasse i valori repubblicani, in tandem con la creazione di un Consiglio nazionale degli imam (CNI), responsabile specificamente della formazione degli imam e della loro certificazione come conformi o meno alla Carta, nella consapevolezza che «nessuna convinzione religiosa può essere invocata come esenzione dai doveri dei cittadini», si legge nel testo.
Inoltre la Carta prevede espressamente l’uguaglianza tra uomini e donne, la compatibilità della fede musulmana con la repubblica francese, mettendo l’accento sulla lotta alla strumentalizzazione dell’Islam per fini politici e sulla non interferenza di stati stranieri nel culto musulmano in Francia. Ovvero l’ideale francese della laicité come separazione tra Chiesa e Stato: in questo senso è rifiutata apertamente la discriminazione e la disuguaglianza di genere. Ma la parte più densa dell’iniziativa macroniana si ritrova all’articolo 6 della Carta che parla di «lotta contro ogni forma di strumentalizzazione dell’Islam a fini politici o ideologici», con i firmatari che promettono di rifiutare «la promozione di ciò che è noto come Islam politico».