“Lapidateli tutti”. L’appello choc del presidente contro i gay

"Lapidateli tutti". L'appello choc del presidente contro i gay

Dall’Africa arriva una nuova minaccia alla vita degli omosessuali. Il presidente del Burundi Evariste Ndayishimiye ha invitato i suoi concittadini a lapidare i gay, in un Paese dove i membri della comunità Lgbt soffrono già l’ostracismo sociale e rischiano fino a due anni di carcere se condannati per reati contro persone dello stesso sesso. Già lo scorso maggio 24 persone sono state condannate per “pratiche omosessuali”, un evento che Ndayishimiye ha sfruttato per lanciare un appello alla popolazione affinché “snidasse” i gay e li trattasse come paria.

Se volete attirare una maledizione sul Paese, accettate l’omosessualità”, ha dichiarato il leader dello Stato africano durante un question time con giornalisti e pubblico tenutosi venerdì 29 dicembre, descrivendo l’attrazione per persone dello stesso sesso come un male importato dall’Occidente. “Penso addirittura che queste persone, se le troviamo in Burundi, è meglio condurle in uno stadio e lapidarle. E questo non può essere un peccato”. Questi commenti sono solo l’ultimo segno di un aumento dell’intolleranza verso la comunità Lgbt nella regione.

A maggio, la vicina Uganda ha approvato una legge che prevede lunghe detenzioni o addirittura la pena di morte per alcune categorie di “reati contro lo stesso sesso”. La decisione, attualmente al vaglio della Corte costituzionale del Paese, è stata ampiamente condannata dai governi occidentali e da molti attivisti per i diritti umani. Gli Stati Uniti hanno imposto una serie di sanzioni, tra cui restrizioni ai viaggi e l’esclusione della nazione da un accordo per commerci senza tariffe. La Banca mondiale ha invece espresso la sua contrarietà con la sospensione di tutti i prestiti futuri a Kampala. Anche in altri Stati come Kenya, Sud Sudan e Tanzania, diversi esponenti politici stanno spingendo per l’adozione leggi anti-gay altrettanto dure e considerano il loro sforzi come una battaglia a sostengo della sovranità africana contro quelle che vengono considerate “pressioni occidentali”.

L’ascesa di Evariste Ndayishimiye, diventato presidente nel 2020 dopo la morte del suo predecessore Pierre Nkurunziza, era stata vista con favore dalla comunità internazionale. L’attuale leader del Burundi è stato infatti in grado di porre fine ad anni di isolamento del suo Paese, rimasto per molto tempo sotto un governo caotico e sanguinario. Non è riuscito però a migliorare la situazione dei diritti umani e la nazione, abitata da 12 milioni di persone, rimane uno dei più poveri del pianeta.

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