Il Ducato di Lancaster, proprietà di Re Carlo III amministrata dal Crown Estate, avrebbe tratto profitto dalla morte di molti cittadini britannici che non avrebbero avuto l’accortezza di fare testamento prima di lasciare questo mondo. Questo è la conclusione di un’inchiesta, condotta dal Guardian, che sta facendo discutere parecchio in queste ore e che rischia di trasformarsi in un nuovo scandalo finanziario deleterio per la reputazione del sovrano.
I beni dei defunti per il Ducato di Lancaster
“Re Carlo trae segretamente profitto dai patrimoni dei suoi cittadini defunti”, ha titolato il Guardian, spiegando che nell’ultimo decennio il Ducato di Lancaster, proprietà privata dei re d’Inghilterra dal 1399, avrebbe incamerato beni per 60 milioni di sterline dalla dipartita di “migliaia di persone” nel Nord Ovest dell’Inghilterra. Per la precisione si tratterebbe dell’area che oggi comprende Lancashire, parti di Merseyside, Greater Manchester, Cheshire e Cumbria, territori anticamente amministrati da un duca e conosciuti come Lancashire.
I cittadini a cui si riferisce l’inchiesta giornalistica sarebbero passati a miglior vita senza rendere note le loro ultime volontà, oppure senza lasciare parenti prossimi che potessero ereditare i loro beni. Questa situazione è piuttosto incresciosa, soprattutto tenendo conto del fatto che il Ducato genera già profitti milionari (circa 26 milioni di sterline solo nell’ultimo anno) grazie ai circa 18mila ettari di terreno, alle attività commerciali, alle fattorie e agli edifici storici.
Niente di tutto questo, però, sarebbe stato possibile senza una legge che risale addirittura al Medioevo: la regola, giudicata ormai antiquata e del tutto anacronistica, relativa ai “bona vacantia” (i beni vacanti), per cui i patrimoni che non hanno un legittimo erede appartengono automaticamente al Ducato. Doverosa puntualizzazione: l’inchiesta del Guardian accende i riflettori sull’attuale monarca, ma è evidente, data l’antica origine dei “bona vacantia” e il lungo arco di tempo preso in considerazione dal giornale, che questa pratica fosse presente e in uso già prima dell’ascesa al trono di Carlo.
Denaro destinato alle charity
A questa notizia spiacevole, soprattutto per l’immagine di Re Carlo, se ne aggiungerebbe un’altra, altrettanto imbarazzante. Il Guardian ha scritto: “Per lungo tempo è stato dichiarato che, dopo aver dedotto i costi, gli introiti dei bona vacantia sono stati donati a enti di beneficenza, invece solo una piccola percentuale di questi redditi è stata donata alle charity”. La parte più consistente sarebbe stata usata per altri scopi, secondo l’indagine: “I fondi sono stati usati, in segreto, per finanziare il rinnovo di proprietà possedute dal Re e affittate per profitto”.
In un certo senso queste eredità che non possono essere reclamate diventerebbero, ha puntualizzato il Guardian, “un beneficio accidentale” per le entrate del Ducato, quindi comunque un guadagno per il sovrano. Il ragionamento sarebbe intuitivo: grazie alla legge di carattere feudale Carlo impiegherebbe il denaro dei defunti, che tutti credevano destinato alle charity, per ristrutturare le sue proprietà, poi utilizzate a fini commerciali.
Alcuni amici delle persone scomparse senza lasciare testamento hanno definito questa prassi “disgustosa”, “scioccante” e “non etica”. Per il momento, però, Buckingham Palace ha rifiutato di commentare la notizia. Solo un portavoce del Ducato di Lancaster ha precisato che, dopo la morte della regina Elisabetta, Re Carlo III non avrebbe voluto modificare questa politica di incameramento dei beni, in modo da poter usare i “bona vacantia” per “la ristrutturazione e il ripristino di edifici idonei in modo da proteggerli e preservarli per le generazioni future”.