Ha quasi dell’incredibile la scoperta fatta da un astronomo dell’Inaf di Trieste, Paolo Molaro, e un archeologo dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e dell’Ictp, Federico Bernardini. Nel borgo di Rupinpiccolo (Trieste), tra i detriti di scavi passati del Castelliere, un’imponente muraglia fatta di grosse pietre a scopo difensivo usato come fortificazione da un’epoca compresa fra il 1800 e il 1650 a.C. fino al 400 a.C., hanno trovato quella che potrebbe essere la mappa del cielo più antica al mondo.
Un reperto preziosissimo
Proprio all’ingresso della muraglia, in mezzo ai tanti sassi, ad attirare la loro attenzione anche due grosse pietre circolari, una sorta di dischi di circa 50 cm di diametro e 30 cm di profondità, che dopo una più attenta osservazione in laboratorio risulterebbero essere una rappresentazione del sole e la più antica mappa celeste mai scoperta prima. A raccontarlo proprio i due studiosi, in un articolo pubblicato su una delle riviste di astronomia più prestigiose, la Astronomische Nachrichten.
L’incredibile scoperta
“Circa due anni fa sono stato contattato da Federico Bernardini, che non conoscevo, dicendomi che aveva bisogno di un astronomo– ricorda Molaro a Media Inaf, il notiziario dell’Istituto nazionale di Astrofisica – perché gli sembrava di aver identificato la costellazione dello Scorpione in una pietra del Carso. La mia prima reazione quando l’ho vista, è stata di incredulità, dato che la parte meridionale dello Scorpione è appena sopra l’orizzonte alle nostre latitudini. Ma poi, scoprendo che la precessione degli equinozi lo alzava di circa 10-12 gradi e l’impressionante coincidenza con la costellazione, ho cominciato ad approfondire la questione. Ho così identificato Orione, le Pleiadi e, nel retro, Cassiopeia. Tutti i punti presenti tranne uno“.
Questi segni riportati poi su una mappa dai due studiosi sono in tutto 29. 24 si trovano su un lato della pietra e 5 sull’altro. La loro distribuzione è irregolare ma la modalità con cui sono stati incisi suggerisce che a farlo sia stata una sola perona con un martello e un rudimentale scalpello, che anni prima fu ritrovato a qualche chilometro di distanza nel Castelliere di Elleri, ed è oggi conservato al Museo archeologico di Muggia.
Una mappa incisa dall’uomo
Questo quindi escluderebbe a priori che i segni siano stati scolpiti per opera della natura, magari con il rotolare delle pietre o dagli agenti atmosferici, è indubbio quindi che sia stato un uomo a scolpirli almento 2400 anni prima, quando, evento ancora più straordinario della scoperta, le stelle dello Scorpione brillavano al di sopra dell’orizzonte proprio come ricostruito da Molaro. Una stella in particolare, Sargas conosciuta anche come Theta Scorpii, non è più visibile dal Castelliere, essendo appunto troppo in basso rispetto all’orizzonte, ma lo era nel 1800 a.C., come ha calcolato lo stesso astronomo simulando con il programma Stellarium il cielo notturno dell’epoca sopra Rupinpiccolo.
I 29 segni scolpiti
Come specificato da Molaro, tutti i punti tranne uno sono sovrapponibili alle stelle dello Scorpione, di Orione, delle Pleiadi e probabilmente (visti i 5 segni sul retro) anche di Cassiopeia, un’ulteriore prova che la disposizione non sia frutto del caso, inoltre sia l’ordine che la divisione, dimostrano una grande cura nell’esecuzione. Anche il 29° segno, secondo gli studiosi, avrebbe un senso e potrebbe rappresentare una supernova, un corpo celeste chiamato transiente che oggi dovrebbe essere un buco nero.
L’enigma da scoprire
Tante sono le domande che queste due strabilianti reperti portano, intanto chi può averla incisa visto che in quel periodo le persone che abitavano la zona non conoscevano neanche la scrittura, figuriamoci quindi le mappe stellari. Fino ad ora la più antica mappa stellare scoperta risaliva al primo secolo a.C. questo significherebbe che quella ritrovata sulla pietra di Rupinpiccolo sarebbe precedente di almeno qualche secolo.