“Siamo la nuova democrazia”. Ecovandali imbrattano l’albero Gucci

"Siamo la nuova democrazia". Ecovandali imbrattano l’albero Gucci a Milano

Ancora un’azione dimostrativa da parte degli attivisti di Ultima generazione, che a Milano hanno imbrattato di arancione “l’albero di Natale” in Galleria Vittorio Emanuele II che quest’anno è stato realizzato da Gucci. Con l’ennesimo blitz vandalico, un gruppo di ecovandali ha fatto irruzione nella Galleria, affollata di turisti, e con il classico sistema degli estintori ha sporcato l’installazione artistica che, stando ad alcune indiscrezioni, sarebbe costata in tutto un milione di euro all’azienda di lusso italiana.

Gli attivisti della campagna “Fondo riparazione”, costola di Ultima generazione, hanno dichiarato in una nota che il gesto è una forma di protesta contro una “un’azienda che fattura 10 miliardi l’anno, dà un milione in beneficenza e intanto continua ad alimentare un sistema di lusso e di consumo che sta decretando la nostra condanna a morte“. Sentendosi moderni vendicatori, gli attivisti si sentono in diritto di rovinare volontariamente una proprietà privata come l’albero di Gucci che, a loro dire “oltre ad essere stato ampiamente criticato, è simbolo di un stile di vita totalmente insostenibile. Un stile di vita scandaloso davanti al divario economico in Italia“.

È vero che l’installazione di Gucci è stata criticata dai milanesi, abituati per anni all’albero di Natale Swarovski, ma ciò non autorizza gli eco-vandali a intervenire per imbrattarlo, rischiando anche di arrecare danni alla pavimentazione della Galleria, simbolo storico di Milano. “Invece di concedere il prezioso spazio della Galleria Vittorio Emmanuele ad una multinazionale del lusso, alimentando cosi la chimera del consumismo, il Comune di Milano potrebbe usare questo luogo a favore di iniziative sociali o istruttive per tutta la popolazione“, proseguono nella loro nota.

Non è escluso che Gucci possa denunciare gli attivisti per il danno arrecato alla loro installazione e mettendo le mani avanti, spiegano che “non esiste protesta convenzionale che abbia avuto successo, è per questo che usiamo la disobbedienza civile non violenta“. Si definiscono come “un progetto concreto di nuova democrazia, che si fonda proprio sul riprendere la responsabilità di agire in prima persona come cittadini, a maggior ragione perché chi ci rappresenta ci mette in carcere anziché rispondere alla nostra richiesta di prendersi cura di chi è più fragile ed indifeso“.

Leave a comment

Your email address will not be published.