I successi di Venezi e i danni dell'”antifascismo”

I successi di Venezi e i danni dell'"antifascismo"

Quando si dice «il fascismo degli antifascisti», oltre a Pier Paolo Pasolini che rese celebre l’espressione, vengono in mente storie come quella del direttore d’orchestra Beatrice Venezi.

In questi giorni ha compiuto una trasferta di grande successo in Francia, all’Opera di Nizza. In cartellone, il balletto Giselle di Martin Chaix, dal 21 dicembre a oggi, e il concerto del primo gennaio 2024, con valzer degli Strauss e un’incursione nel repertorio di Amilcare Ponchielli. Oltre diecimila presenze e molti applausi.

In mezzo al pubblico, una minoranza ha trovato però il modo di accusare il direttore d’orchestra. Qualche sindacalista della Cgt, l’equivalente della Cgil, ha volantinato contro «il direttore d’orchestra neofascista». Evidente il sottotesto: Venezi ha accettato un incarico dal governo «di estrema destra» presieduto da Meloni; e non appoggia l’agenda woke, essendosi dichiarata più affine a valori tradizionali come Dio, patria e famiglia.

Sorge una curiosità. Ma i sindacalisti francesi dove sono andati a raccogliere informazioni sulla Venezi? Probabilmente sui giornali italiani che gridano al fascismo da quando la destra ha vinto le elezioni nel settembre 2022. Un atteggiamento irresponsabile: i pochi nostalgici sono figure grottesche oltre che minoritarie. Prima doveva esserci il Ventennio berlusconiano. Non accadde nulla. Adesso tocca al Ventennio meloniano. E non sta succedendo niente. Ma gli editorialisti continuano a dare l’allarme.

La cultura italiana è sempre stata al servizio della sinistra: il conformismo ce l’ha nel Dna. Oggi è inammissibile non sottomettersi ai dogmi del politicamente corretto. Essere di destra senza vestire la camicia nera è una cosa normale ma incomprensibile per l’opinionista medio, che sembra non aver avuto notizia dell’esistenza dei liberali e dei cattolici. Anche se sono citati già nei libri di storia delle scuole medie.

Il fascismo degli antifascisti è contagioso. A furia di attribuire etichette surreali, i nostri intellettuali danneggiano l’immagine dell’Italia. Qualche cretino pronto ad accogliere accuse cretine si trova sempre.

Quando poi si tratta di esibire il proprio antifascismo, la fila dei cretini è quasi infinita. I cretini non riescono a capire che non basta dichiararsi antifascisti per appartenere alla famiglia democratica e liberale. È necessario dichiararsi anche anticomunisti, altrimenti la lotta per la libertà è puramente immaginaria. L’antifascismo, senza anticomunismo, è un guscio vuoto perché non prevede la tolleranza e non accetta il confronto.

In realtà, gli obiettivi del fascismo degli antifascisti sono più meschini. Fingere che i nemici politici siano ammiratori di Benito Mussolini è utile solo per screditarli e buttarli fuori dal consesso delle persone civili. Dietro a questa finta battaglia ideologica, c’è soltanto la vera paura di perdere influenza, quindi posti e potere, in ogni settore della cultura. Piccinerie travestite da battaglie epocali. Siamo alla parodia grottesca del tragico XX secolo.

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