Caro Tomaso,
non mi piace fare i conti in tasca alla gente, neppure all’ex premier Giuseppe Conte. Quindi non so dirti né posso ipotizzare come questi abbia fatto a provvedere a tutte le uscite e a conservare certi vizi, come quello del soggiornare in hotel di lusso, da quando ha perso la poltrona di presidente del Consiglio a quando è stato eletto per la prima volta, questo è bene sottolinearlo, alla Camera. Il suo reddito nel 2021 fu di circa 34mila euro, nel 2022, come tu hai specificato, fu di poco più di 24mila, cosa che fa di Conte il parlamentare più povero. Immagino che l’uomo in questione disponesse di risorse economiche tali da permettergli di andare avanti decentemente, del resto non aveva guadagnato poco nel ruolo di primo ministro, ricoperto dal 2018 fino all’insediamento di Draghi, agli albori del 2021.
Il punto, amico mio, è un altro. Giuseppe Conte è apparso sulla scena politica sbucando fuori dal nulla. Anzi, mi correggo, sono stati i grillini a scaraventarlo nell’agone, proponendolo all’opinione pubblica nonché agli alleati di governo, ossia alla Lega, quale persona illuminata, equilibrata, estranea alla politica, quindi sopra le parti, professionista non intenzionato neppure ad intraprendere una carriera all’interno delle stanze dei bottoni. Egli stesso enfatizzò questo aspetto più e più volte affermando di accettare la proposta di stare a capo dell’esecutivo per «puro spirito di servizio», insomma per senso del dovere e senso di responsabilità, quasi come se si trattasse di un sacrificio, da sopportare poiché indotto dalla propria coscienza e dalla propria morale. Conte dichiarava e ribadiva di avere una vita al di fuori delle istituzioni e anche una, anzi ben due professioni remunerative ed appaganti: quella di docente di diritto privato, innamorato pazzo dell’insegnamento, e quella di avvocato, vocazione che sentiva fortemente, tanto da dirsi «avvocato del popolo» una volta nominato premier.
Giuseppe Conte aveva garantito che, una volta portato a termine il suo compito, ossia quello di guidare l’esecutivo gialloverde, sarebbe tornato a quella sua tanto decantata esistenza e alle sue attività professionali e non. Invece no. Poi fu a capo del governo giallorosso. Poi fece di tutto per tenere in piedi il suo esecutivo instabile e fragile per non tornare a casa. E dopo scelse di fare il leader del Movimento Cinque Stelle, che proprio dopo l’arrivo di Conte ha perso milioni di voti, e, infine, è arrivato in Parlamento, finalmente eletto dal popolo, questo occorre ammetterlo.
Non è lecito forse chiedersi come abbia vissuto Conte in questi due anni, con un reddito basso. A mio avviso, sono affaracci suoi. Però è lecito domandarsi perché non sia tornato a fare il professore o l’avvocato dopo quella che, a suo stesso dire, sarebbe stata semplicemente una parentesi politica.
Le Università e i Fori di tutta Italia piangono l’assenza di questo illustre professore (di cui nessuno ha mai letto né conosce le pubblicazioni) e di questo giurista brillante, che, «per spirito di servizio», ha scelto di fare per due anni il disoccupato attendendo pazientemente di tornare a fare quella cosa che pure – così faceva credere – proprio non gli interessa: la politica.
E siamo sicuri che Giuseppe ci sorprenderà ancora, cioè ne potrà decimare ancora di voti.