Cos’hanno in comune Chiara Ferragni, Elon Musk e Bill Gates? Il conto in banca. Certo, l’influencer cremonese ce l’ha di gran lunga inferiore agli altri due ma resta pur sempre stratosferico. E, quindi, indecente. Almeno per i gusti di Massimo Giannini (nella foto) che, sul Venerdì di Repubblica, si è lanciato nella più stantia delle invettive contro i ricchi. «C’è un limite alla dignità e alla decenza, e quel limite ce lo siamo già bevuto da un pezzo», predica l’ex direttore della Stampa. «Colpa anche nostra, che accettiamo tutto e contribuiamo alle mostruose contraddizioni della modernità».
A Giannini la signora Fedez sta sul gozzo non solo (o non tanto) per la furbata dei pandori. A indisporlo è tutta quella «ricchezza fondata sul nulla» racimolata grazie alla «deficienza di webeti» che la seguono «adoranti». Pure i dollari di Musk (257 miliardi, a detta di Forbes) gli sono indigesti. Eppure i suoi non sono «fondati sul nulla». Una compagnia aerospaziale (SpaceX), una multinazionale automobilistica (Testa) e un’azienda di neurotecnologie (Neuralink) avrebbero dovuto far desistere l’editorialista di Repubblica dall’appigliarsi ai dipendenti cacciati da X per demonizzare Musk che, per inciso, dà lavoro a oltre 100mila persone.
La vera «colpa» di Mister Tesla, oltre ad essere andato ad Atreju, è di essere miliardario. E, con altre 80 persone (e qui non ce ne voglia la Ferragni ma lei gioca in un’altra lega), di possedere più soldi della metà più povera della popolazione. Gentaglia (i miliardari) che per di più insozza il Pianeta. Prendete Bill Gates. Da solo, ci erudisce Giannini, «inquina manco fosse la Exxon» con la sua «flotta imponente di jet privati». Indecente, davvero. Non come i suoi padroni passati e presenti, tutti poveri in canna: i De Benedetti e gli Elkann, che per andare in fabbrica o in trattoria prendono l’autobus, ma solo se green.