Il nome di Donald J. Trump non può comparire sulla scheda elettorale per le elezioni primarie del Partito repubblicano. A stabilirlo è la segretaria di Stato del Maine, Shenna Bellows, che è una democratica e si è appellata alla sezione numero tre del 14esimo emendamento, la stessa invocata dai giudici della Corte suprema del Colorado per squalificare l’ex presidente degli Stati Uniti dal ballottaggio in programma il 5 marzo per il cosiddetto Super Tuesday. Il Maine diventa così il secondo Stato americano a vietare la candidatura di Donald Trump. Ma anche in questo caso l’efficacia di tale decisione è rimandata. Ieri sera infatti il segretario di Stato del Colorado ha ufficialmente confermato che il leader del Gop sarà sulla scheda durante il Super Tuesday, a meno che la Corte suprema federale non rigetti l’appello presentato dai legali del tycoon, che nel frattempo è intenzionato a impugnare lo stop ordinato dal Maine.
“I fatti del 6 gennaio si sono verificati per volontà, conoscenza e sostegno del presidente uscente“, ha dichiarato Bellows, aggiungendo che la “costituzione degli Stati Uniti non tollera un assalto alle fondamenta del nostro governo” e che Trump, a differenza di tutti gli altri candidati alla presidenza in passato, ha guidato un’insurrezione nel tentativo di “impedire la certificazione delle elezioni del 2020” e “il pacifico trasferimento di potere“.
Cosa dice il 14esimo emendamento: i precedenti
Nella storia americana è successo soltanto in pochissime altre situazioni che il 14esimo emendamento venisse invocato per escludere qualcuno dalle elezioni. Approvato nel 1868, questa norma – a tutti gli effetti di rango costituzionale – fu introdotta dopo la Guerra civile. La sezione numero tre prescrive l’interdizione dai pubblici uffici per chiunque abbia partecipato a una ribellione o a un’insurrezione ed è stata applicata per il presidente della Confederazione secessionista Jefferson Davis e il suo vice Alexander Stephens.
Nelle prossime settimane è atteso il pronunciamento dell’alta corte dell’Oregon, dove lo stesso gruppo che ha portato Trump in tribunale in Colorado sta cercando di bandirlo. Al magnate newyorkese hanno però dato ragione il Minnesota, il Michigan e per ultima la California, segno di un’evidente spaccatura fra giudici che soltanto i nove saggi della Scotus (Supreme Court of the United States) potranno dirimere.
Cosa succede alla candidatura di Trump
Le analogie tra Maine e Colorado, tuttavia, sono poche. A differenza del Centennial State, stavolta a prendere iniziativa è stato un funzionario dell’amministrazione statale e non il sistema giudiziario. Il segretario di Stato negli Usa è quella figura che si occupa dell’organizzazione e dello svolgimento delle consultazioni elettorali e ha il compito di certificare i risultati di ogni tornata, perciò la mossa di Bellows non dovrebbe sorprendere.
Inoltre, se è vero che il Colorado è in mano ai democratici, i quali oltre a controllare le principali cariche statali hanno vinto le ultime presidenziali con distacchi a doppia cifra, il Maine ha una particolarità che lo rende – insieme al Nebraska – unico in tutto il territorio nordamericano: i distretti. Le presidenziali americane sono elezioni di secondo grado in cui i candidati vengono nominati da un collegio elettorale. Gli elettori sono chiamati a esprimersi sul loro candidato preferito e a quello che ottiene un voto in più degli altri vengono assegnati dei “grandi elettori” (un numero calcolato in base al peso demografico dello Stato), ovvero le persone che andranno a comporre il collegio elettorale scegliendo il candidato del partito.
In Maine invece quando si vota per il presidente il totale dei grandi elettori previsti per il candidato vincente (4) è suddiviso tra chi conquista più consensi in tutto lo Stato (2), chi vince nel primo distretto (1) e chi prevale nel secondo (1). Fino al 2016 non era mai successo che il più votato a livello statale perdesse uno o più distretti, ma con l’arrivo di Donald Trump sulla scena politica anche questo record è stato infranto. E nel 2020 il Maine ha premiato Joe Biden, primo nel voto popolare e nella prima circoscrizione più liberal, mentre la maggioranza degli elettori del secondo collegio più rurale ha preferito Trump. Se il divieto imposto dalla segretaria di Stato dovesse entrare in vigore, Trump – a quel punto squalificato – perderebbe automaticamente la possibilità di riaffermarsi in una regione a lui favorevole, ma soprattutto non potrebbe più contare su un grande elettore nel collegio elettorale. E nel caso di un’elezione ravvicinata, anche un voto può fare la differenza.