Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan è tornato ad attaccare lo Stato ebraico e il primo ministro Benjamin Netanyahu. “Quello che fa non ha nulla da invidiare a quello che ha fatto Hitler”, ha dichiarato il leader di Ankara, secondo cui proprio il senso di colpa per quanto è avvenuto ai tempi del nazismo “impedisce a Paesi come la Germania di alzare la voce” e avrebbe portato ad una “caccia alle streghe” nei confronti di coloro che, nelle università, hanno criticato Israele.
Il leader di Ankara non si è fermato a queste affermazioni scioccanti e ha commentato anche le immagini diffuse sui social network di prigionieri palestinesi mezzi nudi e legati, radunati in uno stadio vuoto. “Come si può giudicare le immagini che abbiamo visto? Hanno radunato i prigionieri nello stadio come fossero in campi di concentramento nazisti. Che differenza c’è? Nessuna. Siete uguali a Hitler e la Turchia continuerà ad alzare la voce per le vittime musulmane innocenti”. Dal canto suo, Netanyahu ha dichiarato di non accettare le prediche da chi “commette un genocidio fra i curdi e che si è aggiudicato il record mondiale di arresti di giornalisti contrari al regime“. Per quanto riguarda il paragone con il Terzo Reich, il premier israeliano ha affermato che “il nostro è l’esercito più morale al mondo, che combatte ed elimina l’organizzazione terroristica più disgustosa e crudele al mondo. Hamas-Isis, che si è macchiata di crimini contro la umanità e che Erdogan invece loda, offrendo anche ospitalità ai suoi dirigenti“.
Questi sono solo gli ultimi affondi sferrati dal sultano nel suo duello verbale con Israele, iniziato in concomitanza con le operazioni offensive delle Idf nella Striscia di Gaza. Il 4 dicembre, la Turchia ha presentato un dossier alla Corte penale internazionale in cui il premier Netanyahu è accusato di genocidio e crimini contro l’umanità. L’intenzione di Ankara, ribadita più volte dal 7 ottobre, è far sì che il leader del Likud sia “processato come un criminale di guerra”. Erdogan ha inoltre puntato il dito contro fantomatiche “mire espansionistiche” di Tel Aviv in Cisgiordania, affermando di essere pronto a difendere Ramallah, la Striscia, “Gerusalemme, la Mecca, Medina, Istanbul, Beirut, Damasco e Baghdad e tutte le città del mondo islamico dal macellaio di Gaza”. Il presidente turco si è persino spinto a minacciare un intervento militare del suo esercito nelle zone dei combattimenti. Ankara ha anche richiamato il proprio ambasciatore dalla capitale ebraica, ma ha deciso di non interrompere le relazioni con il Paese.
Il premier Netanyahu aveva già dichiarato il mese scorso il suo rifiuto a ricevere “lezioni di moralità da chi ha bombardato villaggi turchi, dentro il confine della Turchia” e “definisce Israele uno Stato terrorista, ma in realtà sostiene lo Stato terrorista Hamas”. In passato, Erdogan è stato spesso accusato di essere l’espressione nel suo Paese dei Fratelli musulmani, di cui l’organizzazione terroristica palestinese era la costola a Gaza, e di aver finanziato molte attività illegali del movimento guidato da Yahya Sinwar. In molti ritengono che il denaro di Ankara sia stato destinato al rafforzamento delle infrastrutture militari nell’exclave.