Ci sono arrivati anche gli inglesi. Alla faccia di una Premier sempre avanti a tutti. Forse un po’ meno nei diritti. I maestri del football, ma l’idea si perde nei secoli, per esempio hanno preso tempo per ritrovare un arbitro nero e a fidarsi di una donna arbitro nella fantastica Disneyland chiamata Premier. Il prego s’accomodi alla signora è stato celebrato pochi giorni fa, match tra Fulham e Burnley: una 40enne dal nome cinematografico, Rebecca Welch, occupata nel servizio sanitario nazionale, si è goduta la celebrazione della prima volta: tanti applausi a Craven Cottage finchè non ha negato un rigore alla squadra di casa ed allora gli applausi sono diventati fischi, derisioni, cori, battute in colonna sonora. Questo mondo di lord! Unica consolazione: nella categoria arbitrale non esiste differenza di genere quando si tratta di venir insultati. Poi certo sarà casuale che in un Paese, non certo razzista, torni in campo un arbitro nero, Sam Allison, a 15 anni dall’ultimo che fischiò in Premier: l’altro si chiamava Uriah Rennie, personaggio niente male essendo magistrato nella vita. Questo è, invece, un 42enne ex pompiere finora impiegato nella Championship. Ieri il salto nel mondo dorato per Sheffield United-Luton Town. Tutto bene, sanata la stranezza che diventa ancor più strana quando si racconta che, su 32 mila arbitri di ogni campionato, solo l’8% è di colore. Ed ora il designatore Howard Webb ammette che per l’arbitraggio non ci devono essere differenze o discriminazioni. Meglio tardi che mai. Anche la Premier non è premier in tutto.