La A in infermeria e la “cura” Superlega

La A in infermeria e la "cura" Superlega

Basterebbe ascoltare il grido di dolore di Jurgen Klopp, nume tutelare del Liverpool, per cogliere le dimensioni dell’allarme lanciato. «Negli ultimi 10 giorni solo due ore di allenamento: a questo ritmo non riusciremo ad arrivare in fondo», la denuncia del tecnico riferita al numero ridotto di allenamenti e alla sproporzione delle partite da giocare. Se giochi ogni 3 giorni, non puoi certo allenarti. E se non ti alleni, finisci col consumare la benzina nel serbatoio e col procurarti accidenti muscolari. È così in tutta Europa, allora. Ma questo non rende certo meno inquietante il panorama del calcio italiano. E non solo perché la media di queste ultime giornate di serie A certifica un numero di almeno uno-due infortuni muscolari a partita, a qualsiasi livello. Nella Juve di Frosinone, a un certo punto, si è fermato Alex Sandro appena rientrato da titolare e in corsa è dovuto uscire anche Locatelli toccato duro al costato (costola incrinata). Il Milan, in questa particolare graduatoria, è capolista assoluto con un totale di 30 infortuni da inizio torneo che tiene conto anche di quelli traumatici e di taluni esponenti (Bennacer, Caldara) sottoposti a interventi chirurgici e appartenenti alla passata stagione e che porterà a effettuare almeno due innesti durante il mercato di gennaio (uno, Gabbia di rientro dal prestito al Villareal, è scontato).

C’è una ulteriore complicazione sul tema. Ed è costituita dalla mancanza della sosta natalizia, appuntamento storico del calcio italiano per riposare e ricaricare le pile, iniziativa resa necessaria per scavare a fine maggio 2024 lo spazio necessario per l’europeo di Germania che durerà un mese intero, da metà giugno a metà luglio. Da segnalare anche il silenzio assordante del sindacato calciatori, sia quello domestico che quello mondiale visto che è in gioco la salute dei calciatori. Il portiere del Real Madrid, il belga Courtois, è stato l’unico a lanciare un monito rimasto inascoltato perché tra agenti e calciatori c’è la corsa all’oro di stipendi ricchi e golose commissioni. Il rappresentante italiano dell’Aic, Calcagno, eletto nella maggioranza politica di Gravina in federcalcio, non ha mai promosso una campagna in tal senso. Eppure tutti gli allenatori interpellati sostengono l’identica tesi: si gioca troppo e ci si allena poco.

Secondo i promotori della Superlega, solo l’irruzione di questa iniziativa nel panorama europeo, può indurre Uefa e indirettamente Fifa a sedersi intorno a un tavolo e ridiscutere della questione che è essenziale per ridurre il numero industriale di infortuni e far salire la qualità del calcio espresso nei tornei domestici e nelle coppe europee. A spingere in questa direzione sembra partecipare, sotto mentite spoglie, anche il presidente della Fifa Gianni Infantino, di origine italiana, tifoso dichiarato dell’Inter, che in pubblico non si è mai pronunciato in modo drastico contro la Superlega, anzi cavalcandola in un primo momento immaginando che potesse diventare il cavallo di Troia per mandare a casa Ceferin, con il quale i rapporti non sono certamente idilliaci. Specie adesso che il capo dell’Uefa è orientato a modificare lo statuto per garantirsi la rielezione al terzo mandato, opzione fin qui non prevista dalle attuali regole interne all’associazione la cui attività – è stato riconosciuto dalla Corte Ue del Lussemburgo – ha operato in posizione dominante.

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