La distruzione della nave da sbarco russa Novocherkassk ad opera degli ucraini è un successo relativo dal punto di vista militare. Il vascello, infatti, si trovava in porto da mesi e un’operazione anfibia non sembra essere nei piani di Mosca. Il bombardamento, però, è servito a rafforzare l’immagine dell’esercito di Kiev, alle prese con il fallimento della controffensiva e il calo del supporto internazionale. Non sorprendono, dunque, i toni trionfalistici del ministro della difesa del Regno Unito Grant Shapps. “Quest’ultima distruzione della marina di Putin dimostra che coloro che credono che ci sia una situazione di stallo nella guerra in Ucraina si sbagliano!”, ha scritto su X. “Non hanno notato che negli ultimi 4 mesi il 20% della flotta russa del Mar Nero è stato distrutto. Il dominio della Russia nel Mar Nero è ora messo in discussione e la nuova coalizione di capacità marittime guidata da Regno Unito e Norvegia sta contribuendo a garantire la vittoria dell’Ucraina in mare”.
This latest destruction of Putin’s navy demonstrates that those who believe there’s a stalemate in the Ukraine war are wrong!
They haven’t noticed that over the past 4 months 20% of Russia’s Black Sea Fleet has been destroyed.
Russia’s dominance in the Black Sea is now… https://t.co/F6zRmA9Kwx— Rt Hon Grant Shapps MP (@grantshapps) December 26, 2023
A livello puramente numerico, però, la realtà è ben diversa. Secondo il sito kchf.ru, le navi russe presenti nel mar Nero nel 2023 erano 52. A novembre, l’esercito ucraino ha dichiarato di averne distrutte 15 e danneggiate altre 12. Contando anche la Novocherkassk, le imbarcazioni messe fuori combattimento rappresenterebbero il 14,5% del totale, o l’8,3% se si considerano solo quelle affondate. Cifre che non sminuiscono il successo di un Paese che è riuscito a condurre un’efficace guerra via mare nonostante sia privo di una flotta, ma non bastano per decretare che il conflitto non sia in una fase di stallo.
La Russia è stata costretta a ritirare le sue navi dalla parte nord-occidentale del mare che bagna la costa sud dell’Ucraina, poiché ripararle o costruirne di nuove impiega molto tempo e ingenti quantità di risorse. L’economia della nazione invasa ha potuto quindi tornare a respirare e sono riprese le esportazioni di grano verso l’Africa. È sulla terraferma e nei cieli, però, che si decideranno le sorti del conflitto. Le forze armate di Kiev, infatti, soffrono particolarmente la superiorità aerea e di artiglieria di Mosca. Due elementi, questi, che hanno portato all’impantanamento della controffensiva e alle pesanti perdite sul fronte del Dnipro. L’esercito del Cremlino, inoltre, può contare su un quantitativo di uomini e rinforzi decisamente più elevato rispetto agli ucraini, che stanno avendo notevoli difficoltà nel reclutare nuovi soldati per permettere la rotazione dei battaglioni che si trovano al fronte da molto tempo. La conquista di Marinka, città vicina a Donetsk e posizione strategica per il controllo delle autostrade 00510 e N15, potrebbe essere un primo sintomo del cedimento delle difese ucraine. Anche la situazione ad Avdiivka si sta facendo difficile per gli uomini di Kiev, intrappolati da una tenaglia sempre più stretta.
Alle questioni militari si aggiungono anche le divisioni politiche interne, con il conflitto sempre più aspro tra il presidente Volodymyr Zelenesky e il capo di Stato maggiore Valeri Zaluzhny, e il calo del supporto degli alleati occidentali. In particolare, il Congresso americano ha bloccato la nuova trance di aiuti da 61 miliardi di dollari e gli arsenali del blocco Ue-Nato si stanno svuotando troppo rapidamente per far fronte alle richieste di Kiev. Secondo fonti di intelligence, per il 2024 è prevista una nuova controffensiva, ma le crescenti problematiche dei prossimi mesi potrebbero condannare questa operazione sul nascere.