Un uomo di 52 anni di origine pachistana e sua moglie di 37 sono stati raggiunti da divieto di comunicare e di avvicinamento disposto nei loro confronti a tutela della figlia dell’uomo, che 2021 è stata costretta a convolare a nozze con suo cugino. Un ennesimo caso di matrimonio combinato contro la volontà di una ragazza poco più che ventenne, che ha avuto il coraggio di denunciare e di sfuggire a quella imposizione patriarcale tipica della cultura mediorientale del padre. La ragazza aveva fatto opposizione fisica a quel matrimonio, volendo vivere in pieno la cultura occidentale in cui è cresciuta, e sarebbe stata minacciata da suo padre: “Se non ti sposi fai la fine di Saman Abbas“.
Tutti ricordano la storia di Saman, uccisa dai parenti che pochi giorni fa hanno subito il primo grado di giudizio per quel delitto, perché si era rifiutata di sposare l’uomo che la sua famiglia voleva imporle. Nel suo omicidio sono state coinvolte diverse persone della famiglia, che hanno collaborato per compiere materialmente l’assassinio e nascondere il corpo, ritrovato solo molti mesi dopo. Le due ragazze, oltre a una storia di tentata sottomissione di matrice islamica, hanno in comune anche la provenienza, Novellara, un piccolo comune della bassa padana in provincia di Reggio Emilia.
Per il padre e per la matrigna è stato ora disposto l’uso del braccialetto elettronico: su entrambi pende un’accusa di maltrattamenti, a cui si aggiungono costrizione o induzione al matrimonio per l’uomo. La giovane ha perso sua madre poco dopo la nascita in Pakistan e così l’uomo si è rifatto una vita con un’altra donna, dalla quale ha avuto altri figli. Vivono tutti sotto lo stesso tetto in Italia. La madre della ragazza è morta ufficialmente per cause naturale ma da alcuni racconti fatti dai familiari sarebbe emersa una verità diversa, che trasforma una morta naturale in un omicidio per mano dello zio.
Le indagini su quella morte non verranno mai effettuate ma quelle fatte sulla vita della ventenne hanno fatto emergere una serie di costrizioni alla sua libertà personale, come il divieto di uscire o di cercare lavoro. Ma anche quello di avere dei contratti col mondo esterno e perfino di studiare, visto che la giovane non ha potuto concludere il percorso di studi, fermandosi alla terza media per volontà del padre. L’uomo le imponeva un certo stile di vita in quanto donna appartenente alla cultura islamica, alla quale la obbligava ad attenersi nel rispetto di quella religione patriarcale, che vede la donna sottomessa alle decisioni dell’uomo e senza possibilità di scelta, pena la sua incolumità fisica. Il padre non era certo l’unico a starle addosso. “Sei musulmana – le dicevano gli adulti di casa – e devi tenere comportamenti adeguati”.