I piromani del Presepe e i mandanti “interni”

I piromani del Presepe e i mandanti "interni"

Cambiano le epoche. A Natale si annunciava la venuta del Messia, adesso prevale l’attesa del Mes, che non scende dalle stelle ma da Bruxelles. Poco informato dell’evoluzione dei costumi, l’altro giorno un marocchino di trent’anni, credendo di prendersela con i cristiani, ha dato fuoco a un presepe nella parrocchiale di Parabiago, a nord di Milano. Giocava facile: essendo le statue di cartapesta, il fuoco ha distrutto la sacra rappresentazione. Con disappunto del piromane musulmano, la notizia è rimasta confinata nelle pagine locali, e la pubblica preoccupazione più che per la meschina sorte di Maria e di Giuseppe, carbonizzati con gli angeli e le pecorelle, è stata per la salute del «prezioso organo seicentesco», il quale con sollievo generale è rimasto soltanto un po’ affumicato, una lucidata e via.

Perché tiro fuori questa storia? Non per piantarci sopra un ambaradan, ma per permettermi una constatazione. In Italia ha fatto più rumore di questo attentato, la proposta di legge presentata da una senatrice di Fratelli d’Italia, Lavinia Mennuni, volta a proteggere la libertà di allestire presepi nelle scuole. Essa è stata esecrata da tutte le parti, ed è stata additata come la volontà di ritornare alla religione di Stato, con l’obbligo di capannucce e angioletti benedicenti e violazione della laicità repubblicana. Bugia. Semplicemente l’intento era quello più liberale del mondo: vietato ai presidi di vietarli.

Era il 2015 quando un preside vietò i canti di Natale e il presepe nel suo istituto in ossequio del multiculturalismo, sollevando orrore persino a sinistra, e le reprimende del premier Matteo Renzi. Come passa il tempo. Al tema dedicai un editoriale per Il Giornale, che titolai: «Io, laico, odiavo i presepi, ora guai a chi li tocca». Resto della medesima idea, ma il fronte della lotta è cambiato. Scrivevo: «Babbo Natale mi stava sulle scatole da sempre, e quando ero bambino smisi presto di bere le fandonie dei miei genitori secondo i quali i doni che trovavo in salotto la mattina del 25 dicembre fossero stati portati dal figlio di Dio. Questa storia che in qualche scuola italiana ci si è arresi all’arroganza islamica e si rinuncia alle tradizioni cristiane per non offendere i sentimenti dei musulmani immigrati, provoca (…)

(…) in me (in noi) l’orticaria, costringendomi alla ribellione». Ormai l’incendiario di Allah è un rottame di un passato che almeno indignava. L’illuso sperava magari in un linciaggio con annessa aureola di martire. Troppo zelo figliolo. La prossima volta studia. Che bisogno hanno i fanatici di Allah o i devoti a Belzebù di sfregiare le Madonne e di rubare i rosei Bambinelli per gettarli in discarica? Non c’è più bisogno di te, povero untorello maghrebino: a disfare i presepi, pasticciandone il significato, ci ha pensato la Chiesa attraverso i suoi rappresentanti d’avanguardia.

Mi sento isolato tra i gazzettieri, ma presumo di godere del favore dei lettori, se dico che peggio ancora dei piromani del presepe, detesto chi li ha avvelenati con la cultura cosiddetta woke, politicamente corretta, antirazzista, anti patriarcato, trovando comprensione tra gli alti papaveri ecclesiastici.

Il presepe più popolare d’Italia di questo 2023 è quello realizzato da don Vitaliano Della Sala in Irpinia. Questo prete, famoso per aver guidato i no global insieme a Luca Casarini alla sanguinosa rivolta di Genova lo ribattezzai perciò don Pistola -, ha deciso di far operare a Casablanca gli ospiti della grotta di Betlemme. In odio al patriarcato ha soppresso San Giuseppe, noto femminicida, e, in onore della benedizione vaticana delle coppie omosessuali, ha piazzato vicino alla mangiatoia due signore lesbiche, istituendo la figura di genitrice uno e genitrice due. Ha però lasciato l’angel*, riaprendo astutamente la questione teologica di quale sesso sia dotato: molto fluido come quello di Gesù, che sceglierà poi di che genere essere? Figli* di Dio, scriveranno sul messale prossimamente.

La trovata di Don Vitaliano, rientrato grazie a Francesco dalla sospensione a divinis con cui fu sanzionato dai precedenti pontefici, credo sia frutto di invidia. Don Pistola deve aver pensato: Luca Casarini, fondatore a Mestre della osteria Allo sbirro morto, è stato glorificato dal Papa, e riceve finanziamenti dai vescovi italiani per le sue navi che traslocano da noi i clandestini alla faccia delle nostre leggi. E perché don Vitaliano dovrebbe rimanere nell’ombra? Dalla sua parte si è schierato l’esponente di +Europa che si chiama Riccardo Magi, se porta il cammello è perfetto per il presepe. Buon Natale.

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