L’oscuro legame nazisti-Palestina e le rivolte anti-ebraiche: cosa rivelano i rapporti segreti

L'oscuro legame nazisti-Palestina e le rivolte anti-ebraiche: cosa rivelano i rapporti segreti

C’era una volta la Palestina, l’Asse e l’interesse comune di sconfiggere i britannici in Medio Oriente. A quel tempo il gran Mufti di Gerusalemme Amin al Husseini era un alleato del Terzo Reich. Una pedina da usare in chiave anti-britannica dall’Abwehr, i servizi segreti della Germania nazista impegnati a trovare ovunque nel mondo gli agenti scatenanti di rivolte interne che avrebbero tenuto impegnati gli Alleati, fornendo allo stesso tempo risorse, materie prime e soprattutto informazioni d’intelligence per la Germania. Al pari dei curdi e dei nazionalisti in Iraq, i palestinesi si schierarono con l’Asse con la promessa dell’indipendenza dai “protettorati” che incombevano sugli arabi dopo il tradimento ratificato dagli inglesi e dai francesi, e la connessa distruzione di quel sogno che era stato il grande Stato arabo promesso da uno dei più temerari agitatori e sabotatori della storia: T.E. Lawrence.

La genesi di una rivolta

Ufficiale arabo dell’Esercito ottomano sconfitto dall’Intesa nella Prima guerra mondiale, Amin al Husseini, Gran Muftì di Gerusalemme e futuro padrino della temibile Organizzazione per la Liberazione della Palestina – nota come Olp, consegnata poi nelle mani Yasser Arafat – aveva reciso il rapporto con i britannici già nel 1936: quando il governo di Londra che si era “spartito” i possedimenti del dissolto Impero Ottomano nella cosiddetta Mezza Luna feritile con Parigi, acconsentì alla immigrazione globale ebraica nei territori della Palestina.

Temendo l’aumento graduale dell’immigrazione della popolazione di religione ebraica, che stava acquistando un numero sempre maggiore di appezzamenti di terreno, la popolazione araba di Palestina trovò nel Mufti una guida politica che, osteggiando le decisioni degli inglesi in quello che era un protettorato britannico, gli aveva fatto guadagnare il ruolo di principale e più accanito oppositore di quelle che sarebbero diventate le basi per la creazione dello Stato di Israele. Fu allora, e ancora di più con lo scoppio del Secondo conflitto mondiale, che l’allineamento con le potenze dell’Asse divenne una necessità; da inserire in un quadro geopolitico molto più vasto e complesso, ma ad ogni modo da considerare “conveniente” per entrambe le parti.

Per il Muftì l’appoggio di Adolf Hitler e del suo Reich sarebbe stato un mezzo per sconfiggere quella che ai suoi occhi si materializzava come “una cospirazione congiunta ebraico-britannica per imporre una patria israelita al paese“. Per il servizio di intelligence del Reich, l’Abwher, l’appoggio alla causa araba nel Medio Oriente e nel Nord Africa avrebbe provocato una rivolta utile a tenere occupati gli inglesi, sottraendo soldati, mezzi, e denaro. Un’operazione “specchio” di quella che era stata la “Prima rivolta araba” del principe Faisal con l’apporto fondamentale di un maggiore dell’Esercito britannico che sarebbe passato alla storia proprio come Lawrence d’Arabia.

Un intreccio di interessi, avversari e promesse

Sebbene il Muftì premesse per l’appoggio del Reich, Hitler non approvò formalmente la rivolta araba, o almeno non se ne interessò nel momento in cui veniva richiesta. In quel preciso momento storico, infatti, l’Asse aveva altre prospettive strategiche: il Medio Oriente poteva rappresentare al massimo un “diversivo”.

Nell’autunno del 1939, quando il Muftì Hussein lasciò il Libano dove si era rifugiato in seguito al fallimento della seconda rivolta araba, raggiungerà prima l’Iraq – dove gli agenti dell’Abwher già “operavano” segretamente per sollevare la popolazione curda su un fronte, e i nazionalisti dall’altro, per inviare poi i commando brandeburghesi inquadrati del Sonderstab F – dove complotterà con il primo ministro iracheno Rashid Ali insorgere contro gli inglesi e allineare anche l’Iraq – attendendo tutto il resto del mondo arabo – contro quella che era percepita come “un’alleanza britannico-franco-ebraica”. Nemica del Reich e dell’Italia fascista che presto avrebbe ordinato al Servizio Informazioni Militare di predisporre nel Centro Militare “A”, nel quale A stava per arabo, quanto necessario per l’addestramento e l’impiego delle future “formazioni militari” da inviare in Medio Oriente con obiettivi di guerriglia e destabilizzazione.

Ciò a cui il Muftì ambiva, con buone e in parte dimostrate probabilità, era un’autorizzazione formale della Germania nazista – ma più essenzialmente il supporto logistico e forse economico accordato da Adolf Hitler e i suoi vertici militari – per procedere sotto il segno della svastica nel fomentare immediatamente ad una “rivolta araba” contro le potenze coloniali in Medio Oriente. Una decisione che avrebbe aperto un fronte “interno” nel vicino Oriente. Azione che avrebbe certamente distratto le truppe britanniche dai fronti già aperti nel Pacifico, nel Nord Africa, nel Nord d’Europa. Ma non erano quelli al momenti i piani. A quei tempi il führer e gli altri vertici nazisti guardavano al Medio Oriente come un obiettivo successivo e non essenziale (nonostante le sue risorse, ndr). Una casella dello scacchiere da occupare in una fese successiva.

Alla corte di Hitler nel momento “sbagliato”

L’incontro tra Hitler e il Muftì Husseini, che aveva già preso contatti e incontrato il ministro degli Esteri von Ribbentrop e il barone von Weiszacker, oltre al capo delle Ss Heinrich Himmler, è avvenuto a Berlino il 28 novembre 1941. In un momento in cui la vittoria della Germania sembrava ancora certa; dopo un viaggio “segreto” che aveva previsto prima una tappa presso l’ambasciata dell’Impero Giapponese a Teheran, e l’ingresso in Turchia sotto falsa identità per raggiungere il confine con la Germania.

Importante per contestualizzare l’assenza di appoggio alla questione araba, è ricordare la fase del conflitto i suoi immediati sviluppi: alla fine del novembre 1941 gli Stati Uniti non sono ancora entrati nel conflitto; la Gran Bretagna, unica potenza superstite d’Europa, sconfitta in Francia e insidiata dall’Impero Giapponese nell’Estremo Oriente, ha frenato l’avanzata nazista vincendo la Battaglia d’Inghilterra; mentre la Germania, che ha travolto ogni posizione sovietica sul Fronte Orientale ponendo d’assedio Leningrado e vede le sue avanguardie alla periferia di Mosca, avanza in Libia e in Egitto con la sua Afrika Korps.

In Iraq invece, la rivolta di Rashid Ali era fallita perché gli “aiuti militari” promessi dai tedeschi e dagli italiani non erano arrivati in tempo. Una ragione in più per declassare i progetti dell’Abwehr nella regione, e ribadire al Gran Mufti che non ci sarebbe stato altro impegno da parte dell’Asse nei confronti del mondo arabo “fino a quando l’esercito germanico non avesse conquistato Caucaso sovietico”, imponendosi contestualmente in Unione Sovietica.

In questo modo il Mufti di Palestina alla ricerca di sostegno tangibile per la causa araba non ricevette le certezze e le risorse sperate per la rivolta araba; e tanto meno le avrebbe trovate dopo 1942, quando il fronte nel Nord Africa avrebbe dato i primi segni di cedimento per il Reich che aveva un nemico in più: gli Stati Uniti d’America.

Il fallimento del Muftì contro il popolo ebraico

Per quanto si possa o voglia collegare la figura del Muftì alla persecuzione ebraica e alla drastica soluzione finale, nulla di tutto questo è stato perseguito effettivamente da Amin al Husseini che s’impegnò idealmente nella guerra alla popolazione ebraica e al concetto primordiale di una “terra” che avrebbe accolto uno Stato Ebraico, senza ricoprire un ruolo fondamentale. Il Muftì, figura di spicco della Palestina antisionista risulterebbe essere stato, più che altro, una “pedina” spesa male dall’intelligence tedesca prima, e nazista poi. Dato che all’Abwher dell’Ammiraglio Canaris sarebbe succeduta l’intelligence delle SS di Himmler, l’Sd.

L’apporto vero e proprio, oltre le trattative segrete e i complotti anti-britannici concertati con i nazionalisti iracheni di Rashid Ali, e la ricerca di una rivolta araba che avrebbe dovuto scatenare ma non portò alla “guerra santa”, è stata la più ridotta chiamata alle armi degli arabi che si arruolarono e combatterono nei Balcani in due divisioni delle Waffen SS: rispettivamente chiamate Handschar e Kama.

Quando gli inglesi formarono la Brigata Ebraica, il Muftì rispose con un’unità araba analoga di commando paracadutisti esperti nella guerriglia. Addestrati dai tedeschi in Olanda, vennero lanciati in Terra Santa per compiere missioni di “sabotaggio” e soffiare su quella che era la “minaccia di una rivolta” che però non portò alcun vero frutto. Al termine del conflitto, che vide la vittoria per gli Alleati, il Muftì fuggì in Svizzera, e solo in un secondo momento nella Germania occupata dagli stessi, dove venne identificato e arrestato dai francesi.

Sfuggì al tribunale speciale per crimini di guerra istituito dagli Alleati a Norimberga per intercessione del generale de Gaulle, e tornò solo dopo in Palestina come leader di una neonata Lega Araba: decisa ad insorgere con il suo Esercito di Liberazione contro la decisione delle Nazioni Unite, che nel 29 novembre 1947 spartivano i territori della ragione e ponevano le “basi per la creazione del nuovo Stato di Israele”. Ma questa è un’altra storia. E sappiamo anche in questo caso quale parte si è guadagnata la vittoria sul campo.

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