Non c’è pace per Claudine Gay. La rettrice di Harvard è al centro delle polemiche ormai da diverse settimane: ha fatto il giro del mondo la sua turbolenta audizione in Congresso sugli episodi di antisemitismo e le minacce agli studenti ebrei nel campus in seguito alla guerra tra Hamas e Israele. Ma non solo. Dopo aver salvato la “poltrona”, Gay è finita nuovamente nella bufera per le accuse di plagio: il suo lavoro accademico è stato frutto di qualche scopiazzatura qua e là. Più di un’ipotesi, considerando che la newyorkese è stata costretta a correggere due suoi articoli. Ora ecco nuovi addebiti nei suoi confronti.
Di fronte alle crescenti pressioni su possibili nuovi casi di plagio, l’Università di Harvard ha confermato nella giornata di mercoledì di aver riscontrato ulteriori casi plagio nel lavoro di Claudine Gay. Oltre agli articoli usciti nel 2001 e nel 2017, sono emerse criticità nella tesi di dottorato del 1997 in cui Harvard ha trovato un paio di esempi di “linguaggio duplicativo” senza la “appropriata attribuzione”. “La rettrice Gay aggiornerà la sua tesi correggendo questi casi di citazione inadeguata”, ha fatto sapere l’ateneo.
Da un anno al timone di Harvard, Gay è finita nel mirino dei media conservatori. In particolare, il Washington Free Beacon ha reso noto un documento in cui vengono elencati circa quaranta casi di presunto plagio da parte della rettrice, raccolti da un professore di un’altra università che ha chiesto l’anonimato per timore di rappresaglie. Le segnalazioni vanno da brevi frammenti di definizioni tecniche a interi paragrafi che riassumono le ricerche (parafrasate) di altri studiosi, il più delle volte senza la corretta citazione.
“Sono furiosa”, la prima reazione di Carol Swain, ex politologa alla Vanderbilt University. La rettrice di Harvard ha infatti copiato diverse sezioni del suo libro del 1993 “Black Faces, Black Interests: The Representation of African Americans in Congress” e da un articolo del 1997 sulla presenza di donne e neri nel Congresso degli Stati Uniti. “Temo anche che l’Università di Harvard decida di ridefinire cosa sia il plagio quando si adatta alle sue esigenze. Questo per me è inaccettabile”, il suo j’accuse.
Come evidenziato dal New York Times, la questione è piuttosto delicata. Gay ha l’ultima parola in tutte le decisioni prese da Harvard, dal corpo insegnante agli studenti. Eppure lei è stata la prima ad adottare comportamenti accademici tutt’altro che corretti. Non mancano i colleghi a sostegno della 53enne, a partire da Charles Fried, professore alla Harvard Law School: “La vicenda fa parte di questo attacco di estrema destra alle istituzioni d’élite. Il punto è fare sembrare che ci sia un doppio standard ‘woke nelle istituzioni d’élite”. Ma c’è anche chi ha fatto notare che gli studenti vengono spesso puniti, a volte duramente, per infrazioni simili a quelle commesse da Gay.“È preoccupante vedere che gli standard che applichiamo agli studenti universitari sembrano differire da quelli che applichiamo ai docenti”, l’analisi della professoressa Theda Skocpol. Il clima è rovente, attesi aggiornamenti a stretto giro.