Sansonetti finisce nei guai per il crac del “Garantista”

Sansonetti finisce nei guai per il crac del "Garantista"

È stato una delle poche voci critiche verso il superpotere della magistratura, raccontando la giustizia dalla parte degli indagati anziché da quella delle Procure. L`avventura del Garantista, il quotidiano fondato nel 2014 da Piero Sansonetti, finì dopo meno di due anni, tra debiti e polemiche. E ora il dissesto del quotidiano finisce – un po` paradossalmente – dove l`avventura era iniziata: in un`aula di giustizia. Perché dal fallimento della testata è partita una indagine giudiziaria per bancarotta che vedrebbe indagato l`intero consiglio d`amministrazione della cooperativa, compreso il direttore Sansonetti (nel frattempo tornato a dirigere la risorta Unità, il quotidiano che aveva diretto quando era l`organo del Pds).

«So che c`è una inchiesta – conferma al Giornale Sansonetti – ma non mi è stato notificato niente. Posso solo dire che la cooperativa che pubblicava il Garantista è stata dichiarata fallita per un debito di poche migliaia di euro nei confronti della cassa mutua dei giornalisti, e che la maggior parte dei debiti è stata pagata».

Chi ha lavorato in quegli anni al Garantista racconta una storia un po` diversa, quella di un progetto nato con grandi ambizioni, con una redazione base in Calabria e un`altra a Roma, con alla testa l`allora presidente della Confindustria calabrese Andrea Cuzzocrea: e naufragato rapidamente, «ci pagarono uno stipendio, forse uno e mezzo, poi non abbiamo visto un euro, siamo stati messi in cassa integrazione e poi licenziati. Nel frattempo loro avevano incassato i finanziamenti pubblici della legge sull`editoria».

Proprio questo dei finanziamenti, circa 700mila euro, erogati dalla presidenza del Consiglio alla testata è ora un elemento ingombrante della indagine sul dissesto della «Cooperativa Giornalisti Indipendenti», la società editrice della testata, dichiarata fallita dal tribunale di Roma il 14 marzo 2016. Nel frattempo Cuzzocrea (anche lui ieri dice «non ho ricevuto alcun avviso di garanzia») se ne era andato sbattendo la porta e polemizzando i giornalisti rei di pretendere lo stipendio, parlando della «incapacità di molti di comprendere che non lavoravano per un padrone» e accusando i cronisti di avere «organizzato scioperi e comunicati di protesta» anziché «raddoppiare l`impegno lavorativo». Al posto di Cuzzocrea arriva Francesco Armentano, uomo vicino allo stampatore del giornale, Umberto De Rose, anche lui ex presidente di Confindustria in Calabria. E 500mila dei 700mila euro di finanziamenti pubblici vengono impiegati per ripianare il debito che il giornale aveva contratto con De Rose, dalla cui tipografia a Montalto Uffugo era stampato il Garantista.

Dopo due anni di cassa integrazione, i giornalisti del Garantista vennero licenziati il 16 marzo 2018 dal curatore fallimentare Tommaso Mililli. Una fine triste per una esperienza partita con coraggio, nel segno della libertà di idee: per dare un`idea, la prima pagina del numero d`esordio si apriva con un fondo di Papa Bergoglio e ospitava un articolo di Vittorio Feltri in difesa dello scrittore di estrema sinistra Erri De Luca, indagato per istigazione a delinquere: «Un’idiozia processare le idee», scriveva Feltri.

Ma ai buoni propositi non è seguita altrettanta fortuna editoriale: nonostante l`appoggio degli avvocati italiani, da sempre alla ricerca di una loro voce, in grado di bucare il muro pro-Procure.

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