Decidere di non decidere può essere considerata comunque una decisione. Oppure un manifesto di ignavia. O magari il segno concreto di una spaccatura a cui non si riesce a porre rimedio. Fatto sta che l’assemblea dell’Onu che dovrebbe votare una risoluzione per Gaza, rimane in costante stato di impasse. Basti pensare che la riunione sul Medioriente calendarizzata per la serata di ieri, non era nemmeno al primo punto nell’ordine del giorno. Forse, quindi, non c’è nemmeno una reale volontà di trovare un compromesso tra chi spinge per una tregua, chi vuole un cessate il fuoco e chi punta a continuare il conflitto fino alla fine certificata di Hamas anche se le trattative restano serrate.
Tra i temi più caldi resta ovviamente quello relativo agli ostaggi ancora nelle mani dei terroristi. Prende corpo infatti l’ipotesi di un possibile patto, fuori dai canali ufficiali, per il rilascio di 10 detenuti palestinesi per ogni ostaggio israeliano liberato da Gaza. Resta il nodo relativo ai detenuti che saranno inclusi nell’elenco, visto che sulla liberazione di alcuni di loro ci sarebbe un veto insormontabile da Gerusalemme. Proprio mentre fonti palestinesi riportano l’uccisione di tre ostaggi a causa dei bombardamenti israeliani, viene chiesta anche la conferma sulle condizioni dei prigionieri ancora in ostaggio. Trattativa complessa, anche perché in serata Hamas, tramite un portavoce delle brigata Al Qassam, ha fatto sapere che non ci sarà «nessun dialogo sugli accordi di scambio di prigionieri se non dopo la fine dell’aggressione israeliana». Ma l’azione israeliana è ben lontana dalla fine e l’esercito riferisce di aver ucciso ieri quattro comandanti di brigata. Ai tre rimasti, via social network, il portavoce dell’Idf consiglia di arrendersi «o di prepararsi a incontrare quelli morti in combattimento». L’esercito è entrato per la prima volta nel rione di Daraj-Tufach, nel settore settentrionale della striscia di Gaza, ultima roccaforte prima di prendere il controllo dell’intero settore Nord della Striscia. Operazioni anche nella zona Sud, dove «sono stati eliminati centinaia di terroristi e trovate armi in bambole per bambini nell’area di Bakshi».
Di contro, circa 30 razzi sono stati lanciati contro Israele nella giornata di ieri, anche se non si segnalano feriti o danni significativi grazie all’azione della contraerea. Gli Hezbollah libanesi hanno rivendicato invece una serie di attacchi contro postazioni dell’esercito israeliano nell’Alta Galilea, vicino al confine con il Libano mentre le sirene sono tornate a risuonare anche a Tel Aviv.
La situazione a Gaza resta drammatica. Fonti palestinesi riportano che centinaia di feriti sono morti nell’ospedale al-Shifa, il più grande della Striscia, dove hanno però trovato rifugio e base anche molti miliziani di Hamas, a causa della mancanza di servizi sanitari. L’Organizzazione mondiale della Sanità denuncia che il Nord di Gaza è rimasto senza un ospedale funzionante a causa della mancanza di carburante, personale e forniture. «L’al-Ahli era l’ultimo, ma ora è funziona al minimo». Secondo Al Jazeera i bulldozer israeliani hanno demolito ieri il cimitero di Sheikh Shaban nel quartiere di as-Saha. «I cadaveri appaiono dissotterrati e schiacciati sotto i bulldozer con parti di cadaveri chiaramente visibili», dice l’emittente. La stessa tv riferisce anche della distruzione di una moschea a Rafah, con riportati anche nell’area circostante. Sarebbe stata colpita anche la zona dove è situato l’ospedale kuwaitiano.
Altro che tregua. Al di là della politica, il conflitto non si ferma.