Unico paese nell’Unione europea, l’Italia dice no alla ratifica parlamentare della riforma del Mes e del meccanismo di solidarietà che potrebbe – in caso di difficoltà – tamponare le crisi bancarie nei paesi Ue, Italia inclusa. Di qui la nuova definizione di salva-banche. Alla Camera i voti a favore sono 72 (Pd, Azione, Iv e Più Europa), i contrari 184 (Lega, FdI e M5s), 44 gli astenuti (Avs, Forza Italia e Noi moderati). Si spaccano maggioranza e opposizione; si intravede una nuova sintonia in chiave anti-Ue tra antichi compagni di strada gialloverdi; moderati e europeisti si ritrovano isolati. E in aula si assiste al triplo salto mortale di un ex premier, lo stesso che ha firmato a Bruxelles il nuovo trattato, che si traveste da capopolo dei complottisti anti-Mes e urla dai banchi M5s peste e vituperio contro quello che, un paio d’anni fa, aveva rivendicato come «successo italiano». Per poi votare insieme a Lega e Fdi. Mentre il Pd di Elly Schlein si arrampica sugli specchi per denunciare che la maggioranza è finita sul Mes, ma al tempo stesso per sostenere che si può stare insieme (lei e Conte) avendo linee diametralmente opposte sull’Europa e su tutta la geopolitica mondiale. Uno spettacolare cortocircuito che ha un’unica motivazione di fondo: la campagna elettorale per le prossime europee, e la concorrenza interna agli schieramenti. La decisione di votare contro la ratifica matura in un vertice di maggioranza, vinto dai pasdaran anti-Ue: la commissione Bilancio dà parere negativo. Si va subito in aula, con Fdi che si unisce alla Lega per votare contro. Palazzo Chigi non prende posizione e si rimette alle decisioni del Parlamento. Ma assicura che la bocciatura «può essere l’occasione per eventuali modifiche». Matteo Salvini canta vittoria: «Finalmente abbiamo vinto una battaglia di anni». Pd e Terzo Polo accusano: «Giorgia Meloni vuol solo coprire la sua sconfitta sul Patto di Stabilità con il voto anti-Mes».
«La nostra è un’astensione responsabile, una posizione rispettosa dell’interesse sia italiano che europeo», dice Andrea Orsini di FI. L’ex ministro grillino Patuanelli si arrampica sugli specchi per giustificare di aver votato, insieme alle destre, contro il trattato firmato dal medesimo Conte: «Per noi vale la logica a pacchetto», si inerpica, «quindi il Mes andava valutato in base al Patto di stabilità». L’ex titolare delle Politiche europee del governo Draghi, il dem Enzo Amendola, mette nel mirino il ministro dell’Economia Giorgetti: «Ha detto all’Ecofin che l’Italia avrebbe ratificato il Mes. Lo dico col massimo rispetto, abbiamo lavorato insieme ma un ministro che viene sbugiardato da questa aula, sbeffeggiato dal leader del suo partito. Giorgetti dovrebbe trarre le conseguenze». Mentre l’ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini parla di «un voto senza senso, per inseguire gli estremismi. Un danno per la credibilità dell’Italia». La vicepresidente del Parlamento europeoPina Picierno parla a nuora perché suocera (ossia il Pd) intenda: «Le alleanze si costruiscono sulla base della politica estera e europea: deve finire il tempo dei baracconi in cui c’è tutto e il contrario di tutto». Infierisce Matteo Renzi: «Il governo ha fatto una figuraccia, la credibilità europea del governo Meloni è finita. E il campo largo di Schlein è morto».